Con i fondi del riconoscimento vinto l’anno scorso sono stati aiutati circa 28mila bambini in tutto il mondo. Create scuole, fornito materiale per studio e spazi ricreativi
Quasi un anno fa l’Unione europea riceveva il Nobel per la Pace per i suoi 60 anni di impegno a tutela di riconciliazione, progresso e diritti umani. In occasione della cerimonia di premiazione a Oslo, le tre massime cariche rappresentative dell’Unione, il Presidente della Commissione, José Manuel Barroso, quello del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e quello del Parlamento europeo, Martin Schulz, avevano annunciato la decisione di dedicare l’intero valore monetario del premio, più un equivalente dalle casse Ue, al finanziamento di progetti a sostegno dei minori che vivono in zone di conflitto, avviando così ufficialmente l’iniziativa “Eu children of peace”.
Da allora, le promesse dei leader europei sono state mantenute e la Commissione europea non esita a ricordarlo portando alla carta qualche cifra: 2 milioni di euro i fondi stanziati per il 2012 e 4 milioni per il 2013. L’iniziativa europea oggi sostiene circa 28mila bambini in tutto il mondo attraverso progetti di aiuto umanitario in Africa, America Latina, Asia e Medio oriente. Tra i beneficiari degli aiuti, circa 4mila bambini siriani rifugiati nei campi del nord dell’Iraq, al confine con la Siria, 5mila bambini rifugiati colombiani, 11mila bambini congolesi, tra sfollati nel nord del Kivu e rifugiati in Etiopia, e 3mila bambini in Pakistan.
Per sostenere le vittime più vulnerabili dei conflitti, l’iniziativa “Eu children of peace” ha elaborato diversi progetti, gran parte dei quali sviluppati nel 2012. Per esempio l’Ue ha finora fornito circa 400mila euro per l’istruzione e altre attività di sostegno ai bambini siriani, nonché uno spazio per attività ricreative e terapeutiche per i rifugiati del campo di Domuz, al confine tra Siria e Iraq. In Colombia e Ecuador, l’assistenza europea si è tradotta in 400mila euro per aiutare, educare e proteggere i bambini colpiti dal conflitto ristrutturando scuole e creando spazi sicuri per giocare e studiare, lontani dai rischi di reclutamento illegale da parte di gruppi armati. Stessa cosa in Etiopia e Repubblica democratica del Congo. In Pakistan, sono state create 20 scuole nel campo di Jalozai raggiungendo, in particolare, anche le ragazze, poche delle quali hanno mai avuto accesso all’istruzione.
Marco Frisone
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