Van Rompuy preoccupato per il semestre europeo che non va come si sperava. Il coordinamento delude. Le raccomandazioni paese per paese hanno sofferto di una lenta o debole attuazione a livello dei singoli stati membri
di Marco Zatterin (da Straneuropa)
Herman Van Rompuy è preoccupato. Il semestre europeo, ovvero la grande fiera del coordinamento delle politiche economiche e bilancio dei 28 paesi dell’Unione europea, non va come previsto, non ha dato sinora i risultati auspicati. Il presidente del Consiglio Ue è arrivato alla conclusione che, «in parte a causa della mancanza di sufficiente partecipazione a livello nazionale, le raccomandazioni paese per paese hanno sofferto di una lenta o debole attuazione a livello dei singoli stati membri». Questo vuol dire due cose: la prima è che le capitali non hanno attribuito la giusta importanza e rilevanza alle regole che loro stesse si sono date; la seconda è che non hanno fatto tutti i compiti che avrebbero dovuto per risanare le proprie economie e metterle in fase col resto dell’Unione.
La nota di lamentela del fiammingo è contenuta in un documento inviato agli sherpa che, domani mattina, si riuniranno a Bruxelles per continuare il discorso sull’approfondimento dei legami in seno all’Unione economica e monetaria. Non è un caso che questa sia la prima riunione da tempo, bisognava far passare le elezioni tedesche. Il processo, avviato da oltre un anno, è in fase di stallo da mesi. L’intenzione è ora quella di stringere le regole per rendere il patto monetario che sovrintende fra l’altro la moneta unica più efficace. A quanto pare, a vedere come va la congiuntura che tenta la ripresina, ce n’è bisogno.
Di semestre europeo si parla molto, visto che entro il 15 ottobre ogni paese dovrà inviare a Bruxelles la sua legge di Stabilità e la Commissione avrà un mese per valutarle ed esprimere le sue riflessioni. Va ricordato che Bruxelles può chiedere dei cambiamenti e delle rettifiche, che però non sono vincolanti. L’ultima parola spetta sempre ai parlamenti nazionali, non siamo in una unione fiscale. Le capitali sono obbligate a metterci le mani. Ma se non fanno come dice la raccomandazione, non succede nulla se non per gli effetti di immagine.
Il documento che Van Rompuy ha scritto per gli sherpa dei 28 e del parlamento europeo (Verhofstadt, Brok, Gualtieri) affronta la questione del rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche e il nodo della dimensione sociale che, tra l’altro, è sarà oggetto di una Comunicazione che la Commissione Ue varerà domani (“non c’è niente”, assicurano più fonti).
Sul coordinamento, stando al testo visto da La Stampa, il fiammingo ricorda che il vertice europeo del 24 ottobre dovrà trovare una linea comune per definire quali aree sono ritenute essenziali per garantire un agevole funzionamento dell’Unione monetaria. Il secondo obiettivo è quello di delineare gli indicatori chiave di riferimento che i leader dovranno tenere da conto per avere una percezione delle nuove sfide che si pongono per la politica economica. L’Europa cerca di costruire un radar anticrisi. Sherpa e consiglio devono definire il progetto. «Intendiamo trovare un sistema per raggiungere una diagnosi comune della situazione economica dell’Eurozona, dunque arrivare a rimedi nazionali, basati su orientamenti comuni validi per l’Uem nel sue complesso». In filigrana, si legge la delusione per il cattivo funzionamento del semestre europeo.
Il secondo interrogativo è come integrare le politiche sociali, che sono prerogativa degli stati membri, nel contesto comunitario di coordinamento economico. Gli obiettivi di una maggiore occupazione e benessere sociale, scrive Van Rompuy, «richiedono attenzioni specifiche nel quadro dell’Unione economica. La disoccupazione eccessiva e le divergenze sociali fra gli stati membri possono danneggiare il potenziale economico e minare l’abilità del sistema di cogliere pienamente i benefici della partecipazione all’Unione monetaria».
Il fiammingo del Consiglio Ue ha domande precise per i governi nazionali. Credete che gli sviluppi sociali e occupazionali abbiano bisogno di una sorveglianza rafforzata? Ritenete che sia necessario fissare degli obiettivi e dei benchmark per i risultati delle politiche sociali? L’idea di fondo è che si possano avere dei parametri guida anche per i frutti delle azioni nel mondo del Welfare e del lavoro. Sfida ardita che non tutti gradiranno. Ma l’Unione è anche un laboratorio di dialogo permanente. E quando si comincia una partita, pur fra le immancabili lamentale, in genere è difficile che si finisca a rete inviolate.