Il responsabile per l’Ambiente Potocnik invia la lettera di messa in mora e chiede al governo azioni concrete per mettersi in regola: “Gravi conseguenze per la salute”. Il ministro Moavero: “La vicenda dello stabilimento è all’attenzione prioritaria del governo”
La Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per l’Ilva di Taranto. Diverse le irregolarità riscontrate dall’esecutivo comunitario intorno all’impianto industriale pugliese, tanto da indurre il commissario europeo per l’Ambiente, Janez Potocnik, a inviare una lettera di messa in mora alle autorità italiane avviando così la procedura d’infrazione. La decisione arriva dopo attività d’indagine sollecitate dalle associazioni PeaceLink e Fondo AntiDiossina, che hanno denunciato lo stato di inquinamento dell’area circostante l’impianto industriale e il mancato intervento delle autorità per sanare la situazione. Ora il governo ha a disposizione due mesi per fornire chiarimenti ed evitare chi la procedura vada avanti.
Dal punto di vista giuridico l’Ilva non rispetta né la direttiva europea sulla responsabilità ambientale – che stabilisce il principio del ‘chi inquina paga’ – né la direttiva sulla prevenzione e riduzione dell’inquinamento (nota come ‘direttiva Ipcc’). In sostanza si contesta all’Italia di “non garantire l’Ilva rispetti le prescrizioni dell’Ue sulle emissioni industriali, con gravi conseguenze per la salute umana e l’ambiente”. Per lo stabilimento di Taranto, denuncia Potocnik, “la maggior parte dei problemi deriva dalla mancata riduzione degli elevati livelli di emissioni non controllate generate durante il processo di produzione dell’acciaio”. Le prove di laboratorio confermano l’impatto ambientale dell’Ilva. I risultati hanno evidenziato “un forte inquinamento dell’aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere, sia sul sito dell’Ilva, sia nelle zone abitate adiacenti della città di Taranto”. Per la Commissione, alla luce dei risultati, non v’è dubbio che l’inquinamento del quartiere cittadino di Tamburi “è riconducibile alle attività dell’acciaieria”. Inoltre alla Commisisone europea risulta che le autorità italiane “non hanno garantito che l’operatore dello stabilimento dell’Ilva di Taranto adottasse le misure correttive necessarie e sostenesse i costi di tali misure per rimediare ai danni già causati”.
Italia e Commissione europea sono in stretto e continuo contatto per cercare di uscire da questa situazione, spiega Potocnik. “Intensificheremo i nostri contatti per aiutare a trovare una soluzione”. La Commissione “è pronta a garantire il proprio aiuto”. Di fatto verrà offerta all’Italia consulenza tecnica e legale, attraverso riunioni. Una prima riunione tecnica potrebbe tenersi “a breve”, rileva Potocnik. Per ora esclude task-force. “Quelle sarebbero più utile per la gestione dei rifiuti, che è il settore più problematico dell’Italia”. E all’Italia Potocnick non farà sconti. Riconosce che “la situazione è complessa” e che il nostro paese “ha già dimostrato di essersi assunto l’impegno a trovare una soluzione”, ma “le buone intenzioni devono essere dimostrate con azioni concrete”. Come agire è un compito che spetta all’Italia. “A me interessa che tutto sia a posto e che tutto sia regolare, non spetta a me dire come gestire la cosa”.
L’Italia già da ora rassicura Bruxelles: sarà fatto tutto il dovuto. “Prenderemo tutte le misure necessarie per risolvere il problema”, garantisce il ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero Milanesi, oggi a Bruxelles per partecipare al consiglio Competitività. “La vicenda dell’Ilva è all’attenzione prioritaria del governo a prescindere dell’infrazione”, ma dopo la decisione di oggi “guarderò le carte di Bruxelles insieme col mio collega Orlando”, titolare del dicastero dell’Ambiente. Analoga rassicurazione arriva dal ministro per lo Sviluppo economico, Flavio Zanonato, anche lui a Bruxelles per il consiglio Competitività. “Stiamo lavorando per risolvere la questione”.
Ma i problemi per l’Italia non finiscono qui: oggi da Bruxelles è partita una lettera di messa in mora per il ritardo dei rimborsi dell’Iva alle aziende da parte della pubblica amministrazione, avvianda un’altra procedura d’infrazione. Inoltre sono stati inviati pareri motivati per i ritardi accumulati nella realizzazione del progetto cielo unico europeo, per non aver informato la Commissione su come è stata recepita e applicata la direttiva sulle energie rinnovabili, e per la mancata attuazione della direttiva sulle emissioni. Per tutte queste altre decisioni il nostro paese ha tempo due mesi per convincere la Commissione Ue a non ricorrere alla Corte di giustizia.
Renato Giannetti