È l’opinione del direttore esecutivo del Fondo Salva-Stati che mostra un forte ottimismo
“Le tecniche le abbiamo apprese dal Fmi, le riforme richieste porteranno crescita e lavoro”
I ‘piani di salvataggio’ messi in atto dall’Europa hanno garantito che i Paesi maggiormente colpiti dalla crisi potessero rimanere nella moneta unica, e stanno anche portando a visibili miglioramenti in queste economie che stanno lentamente superando la crisi e ritornando sulla strada della crescita e del lavoro. Ne è convinto Klaus Regling, direttore esecutivo dell’European stability mechanism (Esm), il cosiddetto Fondo Salva-Stati, che oggi è stato ricevuto in audizione nella commissione Affari economici e monetari del parlamento europeo.
Reding ha ricordato ai deputati che in tutto i 17 Stati dell’Esm contribuiscono con una sottoscrizione totalr di 700 miliardi, di cui 80 di capitale versato. La sua capacità di prestito massima è di 500 miliardi che, insieme a quella dell’European Financial Stability Facility (Efsf, il vecchio meccanismo di salvataggio degli Stati) arriva a 700 miliardi. L’Esfs, dal canto suo, fino alla fine del 2011 ha fornito 168,5 miliardi di prestito divisi tra Irlanda, Portogallo e Grecia, 19.8 miliardi restano ancora da essere erogati, ma in futuro non entrerà mai più in funzione. Da oggi in poi l’assistenza sarà assicurata soltanto dall’Esm, che ha già fornito alla Spagna 41,3 miliardi e 4,5 (dei 9 previsti) a Cipro per il suo ‘piano di salvataggio’.
“L’idea di base è una di quelle che il Fondo monetario internazionale ha usato per decenni: dare prestiti temporanei per i Paesi in crisi quando il mercato glieli rifiuta” ha affermato Regling nello spiegare il funzionamento del Fonso Salva-Stati, ma i prestiti sono sottoposti a delle condizioni, ovvero che il finanziamento sia “ragionevole” e che il Paese che lo riceve si impegni “a intraprendere delle riforme”. L’interesse chiesto ai Paesi per la restituzione del prestito, ha continuato Regling “è solo quello pagato dall’Esm quando chiede soldi al mercato a cui vengono aggiunti solo una piccola tassa per coprire i costi operativi”.
E questo modello “parte di una strategia coerente della zona euro” sarebbe vincente perché “sotto questa condizionalità ci sono stati consolidamenti fiscali e riforme strutturali nei Paesi beneficiari”. Non solo , “il costo unitario del lavoro in Irlanda, Portogallo, Grecia e Spagna è calato” e grazie a ciò questi Stati “hanno migliorato la loro competitività e i deficit statali stanno sparendo”. Secondo l’analisi di Regling i risultati sono tangibili e dimostrerebbero che “la condizionalità funziona”. “La Grecia sta mostrando un surplus primario” e i mercati stanno “ripagando questi sforzi” con “Irlanda e Portogallo che hanno potuto vendere i loro titoli di Stato a tassi accettabili”. “Sono convinto – ha concluso perciò io direttore – che senza la nostra assistenza questi Paesi sarebbero stati costretti a lasciare l’unione monetaria”.
Regling ha anche ammesso però che i cittadini delle nazioni sotto programma “non vedono ancora importanti miglioramenti” e stanno passando tempi duri a causa della “perdita di molti posti di lavoro” e dei tagli a “salari e pensioni”. “L’Esm è consapevole del dolore che i piani di aggiustamento stanno creando”, ma ha continuato mostrandosi più che ottimista, “l’esperienza del Fmi mostra che le riforme strutturali e il miglioramento della competitività hanno portato a crescita e lavoro”. Speriamo.