Per il sociologo i giovani arabi guardano aa Ankara “come a un modello politico da seguire. La sua forza è che riduce il conflitto latente tra il cosiddetto Oriente e il cosiddetto Occidente”
Mentre la cosiddetta Primavera araba esplodeva portando scompiglio nel nord Africa, e aprendo a possibilità di democratizzazione della regione, l’Europa è rimasta a guardare, incapace di influire in un processo in cui invece avrebbe potuto avere un ruolo di primo piano. Khaled Fouad Allam , che insegna Sociologia del modo Musulmano all’università di Trieste, non pensa che questa situazione possa cambiare molto facilmente, perché è convinto che finché non sarà “capace di pensare se stessa”, l’Europa non potrà mai svolgere un ruolo internazionale, anche nei confronti dei Paesi più vicini. E c’è già chi sta approfittando di questa situazione.
Come si è rapportata l’Europa con il fenomeno della ‘Primavera araba’?
“Più di due anni fa c’è stato l’inizio delle rivolte. Già allora risultava chiara la completa debolezza dell’Europa nelle sue relazioni politiche euromediterranee, mai arrivate a compimento. Tra nord e sud del Mediterraneo si è creata una specie di frontiera simbolica, periferica”.
Cosa dovrebbe fare?
“L’Europa nella crisi attuale non arriva neanche a pensare a se stessa, come struttura, organizzazione politica sovranazionale, mi sembra difficile riesca a pensarsi al di fuori, in particolar modo in relazione alla sponda sul del mediterraneo. È un paradosso perché ci sono relazioni storiche tra Europa e islam e mondo arabo”.
Qual è la causa di questa ‘incomunicabilità’?
“La questione dell’islam e quella della crescita demografica dei Paesi arabi sconvolgono le opinioni pubbliche europee e tutto l’assettoche potrebbe permettere davvero la possibilità di creare un modello euromediterraneo. È per questo che non vedo la possibilità per l’Europa di essere un attore determinante. Se guardiamo al mondo arabo, tra le nuove generazioni e le nuove classi dirigenti è evidente che ci sono altri attori, in particolare la Turchia, nonostante la crisi che sta vivendo. E contemporaneamente l’Europa comincia a ritirarsi dal punto di vista politico”.
La Turchia potrebbe approfittare di questo vuoto?
“Ne approfitta già. Io insegno all’università di Casablanca e mi accorgo che i ragazzi guardano alla Turchia come a un modello politico da seguire”
Perché la Turchia?
“Per loro riduce il conflitto latente tra il cosiddetto Oriente e il cosiddetto Occidente. L’Europa invece non ha saputo utilizzare le minoranze arabe nei suoi Paesi come interfaccia. Tutto viene trattato come urgenza e non come pianificazione”.
Non ha quindi saputo rapportarsi con la ‘alterità’ islamica?
“Le minoranze islamiche sono già al suo interno e sono consistenti, pensiamo ai Balcani. Ma in Europa c’è una forte rimozione di tutto questo. E così oggi è più facile fare una domanda per costruire una centrale nucleare che per costruire una moschea. È un paradosso incredibile nella patria dei diritti dell’uomo”.
Alfonso Bianchi
L’intervista è stata realizzata durante il Festival Comodamente, a Vittorio Veneto