Strasburgo – Dietro numeri, percentuali tecniche e sigle ostiche, si nasconde un messaggio importante: il Parlamento europeo sostiene la transizione verso biocarburanti più sostenibili, senza farsi piegare dalle pressioni delle lobby. Così la relatrice Corinne Lepage (Alde) legge il voto con cui oggi l’aula di Strasburgo ha approvato le nuove regole in materia: “Non ce l’hanno fatta, in questo campo le lobby non hanno vinto”, dichiara soddisfatta dopo il voto: “E’ stato un dibattito molto difficile perché gli interessi economici hanno pesato molto”.
In ogni caso con questo voto (356 voti favorevoli, 327 contrari e 14 astenuti) qualche risultato è arrivato. Primo tra tutti, il tetto imposto all’utilizzo di biocarburanti di prima generazione, quelli cioè realizzati a partire da prodotti alimentari, come colza, olio di palma, soia, oleaginose (biodiesel), cereali, canna da zucchero, barbabietole da zucchero (etanolo). L’Ue si è data l’ambizioso obiettivo di arrivare al 2020 avendo sostituito il 10% delle fonti fossili con rinnovabili nel settore trasporti. Su questo 10%, stabilisce ora il Parlamento europeo, soltanto il 6% potrà essere costituito da biocarburanti di prima generazione. Una percentuale più alta del limite al 5% proposto dalla Commissione europea, ma necessario, spiega Lepage, per spuntare un accordo con la commissione Industria. “Non è una cifra ambiziosa e soddisfacente” ammette la relatrice, “perché i biocarburanti di prima generazione ci costano dai 6 ai 7 miliardi e perché gli effetti sull’ambiente, penso soprattutto all’olio di palma, sono più che aleatori. Senza contare quelli sui prezzi alimentari”. Ma per il momento era impossibile fare di più.
Altro punto del progetto di legge appena approvato dall’Aula, riguarda il cosiddetto fattori Iluc (Indirect Land Use Change): le emissioni indirette legate al cambio di destinazione d’uso dei terreni agricoli per la produzione dei biocarburanti. L’espansione della superficie coltivata, a scapito di foreste e terreni ricchi di carbonio, porta all’aumento di emissioni di gas a effetto serra. Fino ad ora la Commissione europea rifiutava di prendere in considerazione queste emissioni, ancora difficili da conteggiare con precisione. Il parlamento Europeo oggi chiede invece che dal 2020 anche Iluc sia tenuto in conto, anche se con una maggioranza risicata.
“Il risultato piuttosto risicato visto oggi dimostra che il dubbio persiste nell’utilizzare una disciplina piuttosto giovane per la definizione di queste politiche” ha dichiarato Raffaello Garofalo, Segretario Generale dell’European Biodiesel Board. Per Garofalo “l’Europa non può permettersi di minacciare quasi 220mila posti di lavoro basandosi su semplicistiche ipotesi Iluc”.
Ad ogni modo i tempi sono lunghi, più di quanto la relatrice sperasse e più di quanto avesse chiesto la commissione Ambiente del Parlamento, ma anche in questo caso una mediazione è stata necessaria. Per incentivare il passaggio a biocarburanti di seconda generazione, quelli ottenuti da alghe o da alcuni tipi di rifiuti, il Parlamento europeo inserisce anche un sub-target. Entro il 2020, almeno il 2,5% del consumo di energia nel settore trasporti dovrà arrivare da biocarburanti avanzati.
“Si tratta di un segnale forte per andare avanti lungo questa strada e esercitare pressione sul Consiglio” sottolinea Lepage, rammaricandosi però di un risultato: per due voti di scarto la relatrice non ha ottenuto un mandato per negoziare un accordo in prima lettura con il Consiglio. Spetta dunque ora agli Stati membri adottare una posizione comune. Se questa sarà diversa dalla posizione del Parlamento, si andrà in seconda lettura. In questo modo i tempi si allungano e “c’è il rischio che la cosa non riesca a tornare al Parlamento prima della fine del mandato”, avverte Lepage: “Tutto ciò sarà controproducente per l’industria – è convinta – chi dice di difenderla in realtà fa il contrario perché l’incertezza è un fattore di mancato investimento”. Ma la partita, contro “lobby che hanno esercitato una pressione indecente”, non era vinta in partenza e il risultato per la relatrice è in sostanza positivo.
Non dello stesso avviso le associazioni ambientaliste e umanitarie, secondo cui si poteva fare decisamente di più. “Quello di oggi è un voto incoerente – accusa Sebastien Risso, direttore della campagna foreste di Greenpeace Europa, secondo cui il Parlamento – vuole riconoscere che i biocarburanti ottenuti da coltivazioni alimentari sono distruttivi per l’ambiente e allo stesso tempo continuare a sostenerli politicamente e finanziariamente”.
Ancora più critica ActionAid: secondo Nuria Molina, direttore delle politiche e delle campagne dell’associazione “questo voto è una grossa delusione per i milioni di persone che soffrono la fame a causa del land grabbing e dell’aumento dei prezzi del cibo. Gli eurodeputati hanno voltato le spalle ai poveri del mondo e ai loro elettori, continuando ad incoraggiare l’uso del cibo per la produzione di carburanti”.