Gli Stati Uniti premono per l’intervento militare ed evacuano il personale “non essenziali” dall’ambasciata in Libano e dal consolato in Turchia. La Russia frena, l’Ue è incerta sul farsi.
Nella dichiarazione congiunta finale Herman Van Rompuy e Josè Manuel Barroso non parlano mai di Siria. Ma le notizie che arrivano nelle stesso ore dalla Lituania e dagli Stati Uniti non sono incoraggianti. A Vilnius, dove è da poco terminata la riunione informale del consiglio Difesa, è arrivata la censura per il regime di Bashar al-Assad. “Vi sono molti segni che ci permettono di concludere che le armi chimiche sono state utilizzate dal regime di Assad”, l’annuncio in conferenza stampa del lituano Juozas Olekas, il cui paese detiene la presidenza di turno del Consiglio Ue. “Tutti i ministri hanno denunciato l’uso di armi chimiche e il fatto che coloro che le hanno usate dovrebbe assumersi la propria responsabilità”. Un segnale che indica lo spostamento dell’Unione europea verso posizioni statunitensi. E proprio gli Stati Uniti hanno annunciato di aver iniziato l’evacuazione del personale “non essenziale” dell’ambasciata Usa in Libano e dal consolato Usa di Adana, città turca al confine con la Siria.L’Unione europea intanto continua a discutere. Dopo il consiglio Difesa ora sempre a Vilnius è la volta del consiglio Affari esteri. I ventotto intendono scongiurare l’ipotesi di procedere sciolti, come spesso accaduto in situazioni analoghe (l’ultima in Mali, con la Francia ad attaccare e gli altri a guardare). Si cerca una posizione comune, anche alla luce delle conclusione del consiglio Difesa. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, cerca di far calare la tensione, invitando a trovare una soluzione politica. Un eventuale raid contro la Siria, non ridurrebbe la necessità di una soluzione politica al conflitto. “Tutti sono d’accordo sul fatto che una Ginevra II sarebbe utile, anche la Turchia”, ha affermato. Merkel ha quindi suggerito di portare il caso dell’utilizzo di armi chimiche in Siria all’attenzione della Corte penale internazionale dell’Aja.
La questione siriana continua però a dividere la comunità internazionale. Gli Stati Uniti si preparano all’intervento, e se necessario con l’appoggio francese. “Tengo conto dell’impegno espresso da Francois Hollande”, ha detto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ribadendo che “ogni azione sarà comunque limitata e mirata a evitare l’uso delle armi chimiche nel futuro e la capacità di Assad di usarle”. La Russia, però, continua a opporre resistenza. Per diffidare da un attacco il religiosissimo Putin, ortodosso, per una volta ha guardato alla Chiesa di Roma e al suo capo, da sempre ostile al patriarcato russo. “Ascoltiamo la voce del Papa che ha parlato di un intervento inammissibile”. Più diretto il capo della diplomazia del Cremlino: un attacco militare contro la Siria “impedirà una soluzione politica e di organizzare una conferenza di pace”, ha avvertito il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov al termine dei lavori del G-20. Un bilaterale tra Obama e il presidente russo Vladimir Putin non è servito ad appianare le divergenze. “La conferenza Ginevra 2 adesso è in pericolo”, ha ammesso Lakhdar Brahimi, inviato speciale di Onu e Lega Araba, dopo gli avvenimenti di queste ultime ore. La diplomazia continuerà a lavorare. Sia Putin sia Obama hanno assicurato che i ministri degli Esteri continueranno ad essere in contatto, ma cambia poco: la comunità internazionale è divisa e l’unica novità è l’evacuazione parziale delle sedi diplomatiche statunitensi. Un atto che contribuisce solo ad alimentare venti di guerra.
Renato Giannetti