Come tutti i grandi e incompresi disegni della storia dell’umanità la politica italiana segue un supremo progetto di uomo e di società che sfugge alla massa degli inetti ma non a quei pochi che sanno decifrare il corso cosmico degli eventi.
Così ai più è sfuggita la sublime coerenza con cui Silvio Berlusconi oggi tanto tenacemente si batte per la sua agibilità politica. Il poco informato polemista liquiderà la questione come il bieco espediente di un condannato per sfuggire a uno scomodo destino giudiziario. Invece se il Cavaliere riuscirà nella sua impresa per la conquista dell’agibilità politica, si chiuderà in Italia un grande cerchio legislativo avviato quarant’anni fa con i Provvedimenti delegati sulla scuola, più noti con il nome di Decreti delegati. Una delle grandi rivendicazioni dei movimenti studenteschi degli anni Settanta che i Decreti delegati infine riconobbero fu appunto l’agibilità politica, intesa allora come possibilità di usufruire delle strutture scolastiche per fare attività politica anche al di fuori delle ore di lezione. Fummo in tanti in quegli anni a scioperare e a sfilare in cortei di protesta agitando gli striscioni dell’agibilità politica assieme a quelli di tante altre fandonie evanescenti di quel tempo. Una sconfinata esultanza ci animò quando, seppur brevemente, riuscimmo a organizzare assemblee studentesche anche di pomeriggio. Che conquista!
Mentre i grandi predicatori di allora, che divennero poi i grandi mistificatori di oggi, si alternavano al microfono con i loro discorsi di piombo, noi avevamo tutto l’agio di proseguire nell’assemblea del pomeriggio gli adescamenti di sbarbine avviati in quella della mattina. Che alla fin fine molte delle nostre illusioni sarebbero passate con i foruncoli non lo sapevamo ancora. Ma forse inconsapevolmente era quella l’agibilità politica che davvero intendevamo.
Allora ed oggi il concetto si conferma e si consolida nella più moderna lettura che ne dà Berlusconi. La riesumazione dell’agibilità politica settantottarda dovrebbe soprattutto esserci di consolazione perché dimostra che in Italia mai nulla si butta e alla fine tutto viene buono. Basta aspettare e ogni cosa trova il suo compimento. E guai a quegli sconsiderati che vogliono cambiare una virgola al nostro sistema paese! Disturberebbero un ingranaggio pensato nei secoli che perfettamente ci mantiene in una posizione di eterna caduta salvandoci così da imbarazzanti trionfi. La lingua italiana poi corrobora l’eterna impattumabilità dei concetti perché è grazie a lei che nascosto nello stesso nome si trova tutto e il suo contrario. Grazie a questo linguistico artificio noi possiamo avere nello stesso partito gente che starebbe meglio in quell’altro e nello stesso governo gente che quel governo attacca in un apparente tutti contro tutti che è invece un tutti per uno perché alla fine l’unico partito che da noi vince è quello che non ha parte. Avere parte significa avere una coscienza, un senso etico, perfino dei principi. Tutte cose molto ingombranti, che non lasciano molta agibilità… E anche questo rientra nell’invisibile disegno della politica italiana che solo gli inetti non vedono e che porta oggi antichi camerati ed ex picchiatori a scandire da vecchi gli slogan che avevano aborrito da giovani.
Diego Marani