Un un comunicato Ashton e Kerry riconoscono che non si sono fatti passi avanti. Ora c’è “preoccupazione” per il futuro, ma resta la disponibilità a mediare, se richiesti
Unione europea e Stati uniti sono “profondamente preoccupati” per il futuro dell’Egitto e, nonostante il fallimento di ogni mediazione, iniziata con coraggio proprio da Bruxelles, continuano a mettersi a disposizione per aiutare una scelta di dialogo.
Una lunga nota dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Catherine Ashtone del segretario di stato Usa John Kerry diffusa ieri notte è la rappresentazione plastica di quello che appare un fallimento su tutta la linea: due pagine di parole per descrivere uno stallo. Meno sono le notizie e più lunghi sono i comunicati stampa. La mediazione non era ben tollerata dai militari, che però hanno dovuto cedervi per una questione di immagine, di relazioni internazionali con partner importanti (anche africani) e perché da questi partner ricevono anche aiuti economici. Ma da un lato i militari non sono più quelli di una volta, legati a doppio filo con gli Usa e dall’altro il Fratelli musulmani non si sono mostrati disposti a negoziare su nulla.
E dunque ecco che il comunicato ricorda che “nello spirito di sostenere la transizione democratica in Egitto, due alti rappresentanti di Unione europea e Stati Uniti, il rappresentante speciale per il Mediterraneo meridionale Bernardino Leon e il vice segretario di Stato di Bill Burns, hanno lavorato insieme intensamente durante la scorsa settimana per sollecitare il governo e partiti di opposizione ad avviare un processo di vera riconciliazione, e andare avanti in maniera inclusiva per esaminare gli emendamenti alla Costituzione e preparare il più rapidamente possibile nuove Elezioni parlamentari e presidenziali. Hanno collaborato strettamente in questo sforzo con alti rappresentanti di Emirati Arabi Uniti e Qatar”. I due “vice”, hanno tentato di continuare il lavoro impostato da Ashton e Kerry, ma hanno fallito.
“Consapevoli dei limiti del nostro ruolo, ma profondamente preoccupati per il futuro dell’Egitto e di ciò che è in gioco in questo momento critico, abbiamo suggerito una serie di idee pratiche per calmare le tensioni attuali e aiutare gli egiziani a costruire un ponte verso un vero e proprio dialogo politico”, ma non sono stati ascoltati. La paura è che gli scontri riprendano con più violenza di prima, e dunque Ue ed Usa hanno proposto “l’allentamento delle tensioni che circondano le manifestazioni in corso nelle piazze Raba’a al Adawiya e Nahda,iniziando immediatamente il processo di rilascio di detenuti politici”. Invece si è ad un “pericoloso stallo”, nel quale il governo ha “una responsabilità speciale”, per provare ad uscirne.
Anche perché, dicono Ashtone e Kerry, non c’ è solo il prevedibile “rischio di ulteriori spargimenti di sangue e di polarizzazione delle posizioni in Egitto, ma anche che questa situazione impedisca lo sviluppo economico che è così essenziale per la transizione in Egitto”. “Non è il momento di valutare le colpe – dicono in un sorta di implorazione i due occidentali -, ma di adottare misure che possono aiutare a iniziare un dialogo e favorire la transizione”.
Le scelte da fare “solo gli egiziani le possono fare, e non c’è nulla di semplice”, ammettono. Ma preoccupati esplicitamente per la stabilità dell’intera Regione, aggiungono, “se gli egiziani si impegneranno su questo piano di scelte difficili ma positive possono contare su partner stabiliti in Europa e in America”.
Lor