“Abbiamo trovato un’intesa amichevole”, annuncia il commissario al Commercio, il belga de Gucht. Erano già iniziate le ritorsioni di Pechino sul vino
C’è finalmente una schiarita nei rapporti commerciali fra Unione europea e Cina, proprio in un settore, quello delle energie rinnovabili, cruciale per il Vecchio Continente: Pechino e Bruxelles – ha annunciato il commissario europeo al Commercio, Karel de Gucht – hanno trovato ieri una “soluzione amichevole” per porre fine alla disputa in corso sui pannelli solari cinesi. “Abbiamo trovato una soluzione amichevole alla disputa Ue-Cina sui pannelli solari, che porterà a un nuovo equilibrio nel mercato a prezzi sostenibili”, ha detto de Gucht in un comunicato.
Secondo quanto riferito dal commissario europeo, “dopo settimane di intensi colloqui” le due parti hanno raggiunto un’intesa su un prezzo minimo per l’importazione dei pannelli solari cinesi, che secondo i fabbricanti europei erano venduti in condizioni di dumping sul mercato Ue. “Siamo fiduciosi che questo prezzo stabilizzerà il mercato dei pannelli solari cinesi e farà cessare il danno che le pratiche di dumping”, ha aggiunto il commissario Ue.
L’intesa “ha mostrato l’atteggiamento pragmatico e flessibile di entrambe le parti e la saggezza necessaria a risolvere la vicenda”, ha detto il portavoce del ministero del Commercio cinese, Shen Danyang, salutando l’accordo. L’accordo incoraggerà “una relazione commerciale aperta, cooperativa, stabile e sostenibile”, secondo Shen, che ha aggiunto che Pechino vuole “promuovere ulteriori scambi e cooperazione con l’Ue nel settore fotovoltaico”.
Il “prezzo minimo” accettato dai cinesi non è stato precisato nel comunicato di Bruxelles, ma secondo notizie pubblicate in settimana, potrebbe essere di 57 cent di euro per watt, applicabile ai primi sette gigawatt di pannelli importati, con l’applicazione di dazi del 47,6% oltre questa soglia. Nei giorni scorsi EU ProSun, una lobby di produttori di fotovoltaico Ue molto attiva nel promuovere i dazi, aveva affermato che il prezzo attuale sarebbe di 59 cent per watt e una soglia di 7 gigawatt garantirebbe a Pechino una notevole fetta del mercato. I cinesi avevano fatto sapere, nelle scorse settimane, di puntare a una soglia annuale di esportazioni di 10 gigawatt.
Lo scorso giugno la Commissione aveva imposto dazi dell’11,8% sui pannelli importati dalla Cina, che sarebbero saliti al 47% in caso di mancato accordo entro il 6 agosto. Assieme ad altre dispute commerciali, quella sui pannelli solari si era acuita nei primi mesi dell’anno, facendo temere lo scoppio di una grave guerra commerciale fra Pechino e Bruxelles.
I dazi imposti alle importazioni dei pannelli solari cinesi erano provvisori, cioè concepiti come garanzie che gli importatori dovevano depositare, effettivamente incassate dall’Ue (andando ad alimentare il bilancio comunitario) solo se le misure fossero diventate definitive per cinque anni con una decisione finale, presta per dicembre. I dazi colpivano in particolare i componenti ad alta tecnologia delle installazioni fotovoltaiche: le cellule, i ‘wafer’ (sottilissime piastre di cristalli di silicio o altri materiali semiconduttori, su cui sono costruiti i circuiti integrati), e gli stessi pannelli.
La Commissione europea aveva preso la decisione di imporre i dazi lo scorso 4 giugno nonostante le fortissime pressioni di Pechino (comprese velate minacce di ritorsioni commerciali) su diversi governi Ue. Pressioni sfociate nel voto contrario ai dazi espresso dalla maggioranza degli Stati membri in seno al comitato antidumping dell’Ue, che tuttavia ha solo poteri consultivi, avendo la Commissione la competenza esclusiva in materia di decisione sugli strumenti di difesa commerciale dell’Unione. Ben 18 paesi (compresi il Regno Unito e la Germania) si erano opposti nel Comitato e cinque si erano astenuti: l’Italia e la Francia erano invece fra gli Stati membri favorevoli.
Il vero e proprio boom della produzione cinese, sostenuta da sussidi e sovvenzioni governative e dalle vendite sottocosto, è un fatto recentissimo: se nel 2009 la capacità di produzione in Cina era solo di 6,5 GW , oggi è di 55 GW, pari al 150% della domanda mondiale, con una sovrapproduzione pari a 27 GW rispetto a quanto il mercato mondiale potrebbe assorbire.
I dazi antidumping, secondo l’esecutivo Ue, avrebbero permesso di salvare l’industria europea del fotovoltaico, che ormai annaspava di fronte alla concorrenza sleale cinese. Tra il 2009 e la metà del 2012, secondo la Commissione, 40 produttori europei sono caduti in condizioni di insolvenza, sei hanno fermato la produzione (alcuni solo parzialmente) e quattro hanno dovuto vendere la propria attività a investitori cinesi.