Annuncio di Kerry nel giorno di entrata in vigore del bando Ue della cooperazione con le colonie
Tel Aviv prepara la liberazione di alcuni detenuti, ma non arresta l’espansione degli insediamenti
Critiche di Hamas e Fronte popolare: “Decisione pericolosa che contraddice consenso nazionale”
Il bando Ue a ogni progetto di cooperazione con le colonie israeliane è entrato in vigore ieri, proprio nel giorno in cui sono ripresi i negoziati di pace tra Israele e l’Autorità nazionale palestinese. Al termine di sei spole mediorientali, tra cui un blitz imprevisto a Ramallah, dal presidente dell’Anp, Abu Mazen, il segretario di Stato americano John Kerry ha annunciato da Amman la prossima ripresa a Washington dei dialoghi diretti per la pace, a quasi tre anni dalla loro interruzione. Per ora si tratta solo di un impegno e i dettagli restano da definire. “Se tutto va come deve” ha dichiarato prudentemente il capo della diplomazia di Barack Obama, il tavolo si riaprirà la settimana prossima nella capitale Usa, dove sono attesi in contemporanea il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat e la ministra della Giustizia israeliana Tzipi Livni, delegata del governo di Tel Aviv per il processo di pace. Ma l’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Ue ha comunque accolto “con calore” l’annuncio affermando che “Il primo ministro Netanyahu e il presidente Abbas (Abu Mazen) hanno dimostrato coraggio, ottenendo questo risultato”.
IL BANDO DELLA COOPERAZIONE – La stessa Ashton ieri ha voluto chiarire ulteriormente la posizione dell’Ue riguardo al bando di tutti i progetti di cooperazione con le colonie israeliane, bando che ha scatenato la reazione rabbiosa delle autorità di Tel Aviv. Le linee guida, ha scritto in una nota il capo della diplomazia di Bruxelles, “ribadiscono la posizione assunta da tempo che gli accordi bilaterali con Israele non coprono i territori passati sotto amministrazione israeliana dopo il giugno 1967”. Ashton ha affermato che l’Ue riconoscerà solo “i cambiamenti al confine una volta riconosciuti da entrambe le parti”.
LE CRITICHE AL DIALOGO – Ma l’annuncio della ripresa del dialogo tra Israele e Anp non sembra aver fatto piacere alle altre fazioni palestinesi. Per Hamas si tratta di una decisione “molto pericolosa”. Il portavoce del movimento islamico, Sami Abu Zuhri, ha affermato che la decisione del presidente Abu Mazen “contraddice” i principi del “consenso nazionale” raggiunto dalle fazioni palestinesi. “La ripresa dei colloqui fa solo gli interessi dell’occupazione e le fornisce una copertura per l’espansione degli insediamenti”, ha detto all’agenzia di stampa Dpa. Per Jamil Mezher, portavoce del Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp), si tratta di una scelta che “danneggia in modo grave la causa palestinese”. “Venti anni di assurdi negoziati con Israele non hanno portato a nulla e hanno solo aiutato Israele ad attuare i suoi piani di espansione”, ha affermato. Secondo Mustafa Barghuti, presidente del partito Iniziativa palestinese e parente di Marwan Barghuti, i colloqui sono destinati a fallire perché “l’attuale esecutivo israeliano è un governo di coloni e non riconoscerà mai il diritto dei palestinesi all’indipendenza, a porre fine all’occupazione e all’autodeterminazione”.
L’ESPANSIONE DELLE COLONIE – Proprio due giorni fa il sottocomitato Insediamenti del Consiglio Pianificazione Superiore dell’Amministrazione Civile israeliana (l’organismo incaricato di approvazione dei piani per gli insediamenti) ha approvato la costruzione di 741 nuove unità abitative per i coloni in Cisgiordania, abitazione che per la maggior parte dovrebbero essere assegnate agli ultra ortodossi della comunità di Modi’in Illit. Per diventare effettivo il piano ha bisogno ora dell’approvazione definitiva del ministro della Difesa Moshe Ya’alon. Secondo i dati dell’Israele Central Bureau of Statistics riportati dall’ong ebraica Peace Now, i i lavori di costruzione in Cisgiordania sono fortementi aumentati nel primo trimestre del 2013. Tra gennaio e marzo 2013 è iniziata la costruzione di 865 nuove unità abitative un numero tre volte più alto rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno.
LA LIBERAZIONE DEI DETENUTI PALESTINESI – La ripresa dei colloqui di pace diretti ha portato però anche a dei primi risultati concreti, almeno negli annunci. Il ministro dell’Intelligence, Yuval Steinitz, ha dichiarato che Israele si appresta a liberare dei prigionieri palestinesi detenuti dallo Stato ebraico in segno di buona volontà. Si tratterà di “un numero limitato” di persone, ha dichiarato alla radio pubblica il ministro, senza precisarne il numero. Steinitz ha spiegato che alcuni dei detenuti che lo Stato ebraico si appresta a scarcerare hanno trascorso fino a 30 anni nelle prigioni israeliane, ma non ha indicato quando avranno luogo le liberazioni e ha solo precisato che saranno fatte “per tappe”. Secondo i dati del gruppo di difesa dei diritti umani B’Tselem, 4.817 palestinesi sono detenuti in Israele, di cui 147 in detenzione amministrativa, una procedura che permette di tenerli in carcere senza incriminarli per periodi di sei mesi rinnovabili a tempo indefinito.
Alfonso Bianchi
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