Parte I
Ieri ho preso un autobus in territorio italiano, un tipo è salito a Pinerolo e si è seduto davanti a me, nella fila davanti alla mia insomma, poi è sceso a Torino, dove sono sceso io.
Per chi non fosse pratico della zona, Pinerolo Torino sono 40 chilometri.
In autobus, con tutte le fermate, un’ora esatta di viaggio, dal centro di Pinerolo all’autostazione di Torino davanti al palazzo di giustizia, che non è grande come il palazzo di giustizia di Bruxelles, ma è comunque un bel trumone pure quello.
Io ero partito da Perosa, per chi non fosse pratico della zona, Perosa Pinerolo sono 18 chilometri.
In autobus, con tutte le fermate, mezz’ora esatta di viaggio dal centro di Perosa al centro di Pinerolo vicino a Piazza Vittorio Veneto, che non è grande come la Piazza Vittorio Veneto di Torino, ma è comunque una bella piazzona pure quella.
Insomma questo tipo è salito e si è seduto davanti a me, ha cominciato a telefonare che era a Pinerolo, ha finito di telefonare che era a Torino.
Allora mi è venuta in mente tutta la polemica su quel mio post, se telefonare per delle mezze ore col telefono incastonato nel velo faceva bene o male, che alcuni mi avevano poi scritto che non era una questione di velo, e che io c’ero rimasto basito, che non capivo come un fatto basato concretamente sul velo, potesse non essere una questione di velo, ma lasciamo perdere.
Beh insomma quello di ieri non aveva il velo ma secondo me non gli ha fatto molto bene neppure a lui, stare al telefono da Pinerolo a Torino, un’ora esatta di viaggio, dal centro di Pinerolo all’autostazione di Torino.
Non ha fatto molto bene neppure ai miei maròni, devo ammettere, seppur parlasse in maniera pacata e a bassa voce.
Questo per dire che non è mica una questione di velo, quando non c’è il velo.
E neppure ne faccio una questione di razza, infatti non credo fosse arabo. Secondo me era filippino.
Parte II
Questa mattina presto ho preso un treno frecciarossa, da Torino a Bologna, mi sono addormentato, che c’ho una stanchezza accumulata che non si può capire, allora mi sono addormentato poco dopo Torino, mi sono svegliato poco prima di Bologna.
E pensavo che questa cosa qua di dormire in pubblico è un cosa un po’ particolare, che negli autobus almeno, si è girati tutti nella stessa direzione e uno gli altri viaggiatori li vede solo di spalle, se li vede, mentre in treno c’è questa cosa che si è uno davanti all’altro.
E io devo dire, il sonno per me è una cosa privata, che è un momento, come l’orgasmo quasi, che uno non è padrone di sé stesso.
Chissà che faccia faccio quando dormo, non lo so neppure io, lo sapranno mia mamma e la mia fidanzata, ma io questa cosa di farmi vedere come dormo da uno sconosciuto, non mi va mica bene.
Parte III
Poi a Bologna sono sceso, ho preso treno intercity per Arezzo, entro nel mio scompartimento, c’erano già altre quattro o cinque persone, c’era una signora di mezza età, bionda, curata, e tutto quanto, si era tolta le scarpe aveva i piedi appoggiati al sedile davanti.
Conclusione
Allora nulla, ho trovato questo filo conduttore, che queste tre cose per me sono tre cose intime, che non farei in viaggio davanti a degli sconosciuti.
In viaggio, davanti a degli sconosciuti, telefono il meno possibile, dormo il meno possibile, e metto i piedi sotto il naso del vicino il meno possibile.
E stavo pensando al filo conduttore, quando sono stato interrotto dalla voce del capotreno dagli altoparlanti, che diceva “Informiamo la gentile clientela di abbassare la suoneria dei cellulari.”
Lì ho capito perché il frecciarossa costa di più dell’intercity.
A quelli dei frecciarossa ci devono imparare l’italiano.