Per la Corte di Giustizia Ue “Un requisito di tal genere rischia di escludere gli studenti sufficientemente integrati nella società tedesca per effetto di altri vincoli di ordine sociale ed economico”
In Germania gli studenti possono ottenere un sussidio economico per gli studi seguiti in un altro Stato membro dell’Unione europea per un periodo di un anno. Per poter beneficiare di questo vantaggio però devono dimostrare il possesso di “stabile residenza in Germania” per un periodo non inferiore a tre anni precedente l’avvio degli studi.
Secondo la Corte di giustizia, alla quale si sono rivolti due cittadini tedeschi non stabilmente residenti dello Stato, “la cittadinanza europea e la libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea ostano ad una normativa nazionale che subordini la concessione di un sussidio per la formazione seguita in un altro Stato membro, per un periodo superiore ad un anno, ad un requisito unico – come quello previsto in Germania – che imponga al richiedente il possesso di stabile residenza sul territorio nazionale per un periodo minimo di tre anni precedente l’inizio degli studi”.
La Corte ricorda che uno Stato membro, qualora preveda un sistema di sussidi alla formazione di questo tipo, deve fare in modo che le modalità di concessione degli aiuti non creino un’ingiustificata restrizione al diritto di circolazione e di soggiorno sul territorio degli Stati membri. Secondo i magistrati il requisito chiesto da Berlino “è tale da dissuadere anche i cittadini nazionali”, che magari non risiedono nei confini tedeschi, dall’esercizio della loro libertà di circolare e soggiornare in un altro Stato membro.
Il governo tedesco deduceva nella specie che il requisito di residenza triennale consentirebbe di garantire che il sussidio venga erogato unicamente agli studenti che dimostrino il possesso “di un sufficiente grado di integrazione nella società tedesca”. La Corte ritiene tuttavia che, sebbene sia legittimo per uno Stato membro finanziare unicamente gli studenti che abbiano dimostrato un sufficiente livello di integrazione nella società dello Stato stesso, il requisito contestato presenta carattere troppo generale ed esclusivo e, conseguentemente, va al di là di quanto necessario per il conseguimento dell’obiettivo perseguito.
Il rinvio pregiudiziale della Corte di Giustizia consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa, ma sempre conformemente alla decisione della Corte, che naturalmente vincola gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.
Ezio Baldari