I fiamminghi protestano, in un clima da surrealismo alla belga: con una “legge tecnica” la Camera approva un testo per la promulgazione delle leggi che ha solo la versione francese (che è quella originale) del nome del prossimo sovrano: alla fine il re avrà due nomi.
A pochi giorni dal passaggio di trono ufficiale che vedrà il principe Filippo prendere il posto di re Alberto II nel giorno della Festa Nazionale belga, la Commissione di Giustizia alla Camera ha approvato il progetto di legge che sostituisce il nome di Alberto con quello di “Philippe” per la firma degli atti. Ma i partiti del nord insorgono: non viene menzionata la versione fiamminga “Filip” del nome del futuro sovrano. Che per il momento non avrà neppure la firma elettronica per la sottoscrizione degli atti a distanza.
Dal prossimo 21 luglio, data tanto attesa in cui il Principe ereditario Filippo presterà giuramento e salirà sul trono belga al posto del padre, le leggi e i regolamenti. aveva deciso la Commissione, saranno promulgati con la formula “Philippe, Roi des Belges, A tous présents et à venir, Salut.” – “Filippo, Re dei Belgi, a tutti i presenti e a quelli che verranno, Salve.”
Ma quel “Philippe” troppo vallone, nell’imminenza del passaggio di corone, preoccupa alcuni parlamentare fiamminghi poiché nel documento non compare “Filip”, la versione più “nordica” del nome del successore che sarà, tuttavia, utilizzata per promulgare leggi in lingua olandese, secondo un accordo con il comitato ministeriale ristretto. “Potrà cambiare il nome quando firma?” è l’interrogativo di Stefaan Van Hecke, esponente dei Verdi del nord che ha sollevato il punto insieme ad un gruppo di altri deputati. Si tratta di una “legge tecnica, che non necessita di spiegazioni” ha tagliato corto la ministra della Giustizia Annemie Turtelboom presentando il progetto di legge. Sì, alla fine il nuovo re avrà due nomi, ha deciso la Camera in plenaria, uno francese e uno fiammingo. Schizofrenia belga, per un re che, forse per primo, parla per fortuna correntemente le due lingue.
Che si tratti di Philippe o di Filip, una cosa per il momento è certa: non avrà la firma elettronica che permetterebbe al sovrano di sottoscrivere documenti anche a distanza “accelerando le procedure e riducendo le spese di spostamento”. I partiti fiamminghi, separatisti e antimonarchici avevano a lungo sperato in un cambio di trono che offrisse l’occasione per una riforma della monarchia. Si era parlato a lungo dell’abolizione della firma di leggi e decreti reali, procedura giudicata onerosa in termini di tempo e, soprattutto, di costi. “Lo scorso anno L’Air Force belga del Re Alberto è stato mobilitato otto volte per portarlo a firmare atti: ciò è costato 60.000 euro” si leggeva nella lettera che a maggio Bart De Wever, il leader dell’N-VA, la Nuova Alleanza fiamminga indipendentista e repubblicana aveva indirizzato al settimanale belga Knack.
A questo proposito – nonostante il cambiamento di regno non abbia ancora dato luogo ad un dibattito sull’avvento di una monarchia “protocollare” tanto voluta dai partiti del nord – la N-VA ha depositato un emendamento che, se non elimina del tutto la sigla reale, quantomeno propone di introdurre la firma elettronica al fine di semplificare le procedure – e di risparmiare una montagna di soldi – qualora il Re si trovasse all’estero e si imponesse, ad esempio, l’uso della posta aerea. “La formula è in esame, ma la modifica non si potrà fare così velocemente. Il governo vuole prima di tutto garantire la sicurezza tecnica e giuridica dell’operazione” ha risposto Turtelboom non lasciando intravedere, per il momento un passaggio all’ e- signature.
Tra le altre competenze reali da “rivedere” secondo le file fiamminghe in occasione dell’avvento del nuovo monarca vi era, poi, la questione finanziaria – “Il Re, esente dal versamento di dazi, dogane e IVA, paghi le tasse come i cittadini” si leggeva nella stessa lettera – e il ruolo politico del Re “che prende parte a negoziati e decisioni senza mai essere stato eletto democraticamente” diceva De Wever auspicando una monarchia solo “rappresentativa”.
Insomma, si prevede un cammino tutto in salita per il neo – sovrano. Non è ancora salito sul trono e il cinquantatreenne Filippo, primogenito del Re Alberto II e della principessa Paola dei Ruffo di Calabria e primo in linea di successione – dopo che il Re Baldovino, morto improvvisamente e senza eredi nel 1993 aveva lasciato la corona al padre – deve già fare i conti con un paese – soprattutto per la parte fiamminga – a maggioranza repubblicana, che pare mal tolleri e poco sostenga il Royame.
Loredana Recchia