I nostri studi sono troppo poco digitalizzati, troppo legati alle lingue nazionali, troppo poco competitivi. Il commissario Ue per l’Istruzione lancia una strategia Ue: “Servono visioni e programmi più internazionale se vogliamo competere nel mondo globale”
Più inglese, più informatica, più formazione, più internazionalizzazione: la Commissione europea vuole un’università proiettata sul resto del mondo. Attualmente gli atenei dei Paesi dell’Ue attraggono il 45% degli studenti internazionale in mobilità, con una domanda crescente in Asia (India e Cina su tutti) e in America Latina. L’Europa, però, ancora non è in grado di rispondere a questa domanda: troppo poco digitalizzata, troppo legate alle lingue nazionali, troppo poco competitiva. Il commissario europeo per l’Istruzione, Androulla Vassiliou lancia “Istruzione superiore europea nel mondo”, strategia intesa a garantire che i laureati europei acquisiscano le competenze internazionali di cui hanno bisogno per lavorare in qualsiasi parte del mondo e che l’Europa conservi la sua attrattiva nei confronti degli studenti internazionali. “
Serve una modernizzazione delle nostre università”, sostiene Vassiliou. “Molte in Europa iniziano a rendersi conto che devono offrire corsi in lingua inglese, perché gli studenti internazionali sono attratti di più se ci sono corsi in quella lingua”. Allo stesso tempo “serve maggiore digitalizzazione”. La Cina e l’India da sole formano un vasto numero di ingegneri informatici all’avanguardia: bisogna che le università europee, se vogliono rimanere competitive, si adeguino. Ciò, sottolinea Vassiliou, significa che le università “devono elaborare curricola internazionali, promuovere le competenze linguistiche e potenziare l’apprendimento digitale”.
Nel mondo globale “le università europee devono pensare in termini globali”, rileva il responsabile Ue per l’Istruzione. “Devono agire in modo strategico per valorizzare la reputazione di cui gode l’Europa per la qualità dell’istruzione superiore, devono promuovere la mobilità internazionale di studenti e personale, offrire piani di studi innovativi di prim’ordine e garantire l’eccellenza nell’insegnamento e nella ricerca”. Oggi, lamenta Vassiliou, “benché numerose università europee abbiano instaurato solidi legami all’interno dell’Ue, a molte di esse manca una chiara strategia per rafforzare i vincoli con i partner extraeuropei, situazione che necessita un cambiamento urgente”.
A determinare questa situazione emergenziale sono i numeri: le università egli altri istituti di istruzione superiore dell’Unione europea accolgono oltre 19 milioni di studenti. Si prevede che il numero complessivo di studenti universitari nel mondo si quadruplichi, passando dai circa 100 milioni del 2mila a 400 milioni nel 2030, con una crescita particolarmente pronunciata in Asia ed America latina. Come detto, attualmente l’Europa attira circa il 45% di tutti gli studenti internazionali ma i suoi concorrenti stanno rapidamente aumentando gli investimenti nell’istruzione superiore. La maggior parte degli studenti in mobilità internazionale proviene da Cina, India e Corea del Sud. Data la situazione, per la Commissione Ue le università “devono promuovere una prospettiva internazionale in quell’85% di studenti restio allo spostamento, affinché acquisisca le competenze internazionali necessarie in un mondo globalizzato”.
Erasmus+, il nuovo programma dell’Unione europea per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport che sarà avviato a gennaio 2014, stanzierà un importo annuale di oltre 400 milioni di euro a favore degli scambi internazionali di studenti e dello sviluppo della cooperazione tra le università europee e i loro partner in tutto il mondo. Lo stesso programma, assicura Vassiliou, “consoliderà per la prima volta le opportunità per gli studenti provenienti da paesi extraeuropei di realizzare parte del percorso universitario presso un’università europea, o viceversa”. Attraverso Erasmus+ saranno finanziati 135.000 gli scambi di studenti e personale tra l’Ue e il resto del mondo, vale a dire 100.000 in più rispetto all’attuale programma Erasmus Mundus, che vanno ad aggiungersi ai 3 milioni di scambi di studenti e personale all’interno dell’Ue.
Renato Giannetti