Da settembre le prime audizioni per “garantire la libertà dei cittadini” ma dal punto di vista giuridico Bruxelles può fare poco e niente. “Ma cose del genere non devono più verificarsi”
L’ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Unione europea, William Kennard, Il ministro della giustizia, Eric Holder, il direttore della National Security Agency (Nsa), i rappresentanti delle società di servizi Internet che le hanno fornito informazioni (come Google, Facebook, Yahoo). Comincia a prendere forma il calendario delle audizioni con cui la Commissione libertà civili del Parlamento europeo, tenterà di fare luce sul Datagate, lo scandalo sullo spionaggio statunitense ai danni degli europei.
La prima audizione è fissata per il 5 settembre ma molte altre ne seguiranno, in un calendario che, con ogni probabilità, si estenderà molto dopo la fine dell’anno, data entro cui l’Aula di Strasburgo aveva inizialmente ipotizzato che la commissione presentasse una relazione finale. “Entro l’anno potremo avere un rapporto di metà mandato” spiega oggi Salvatore Iacolino, eurodeputato Ppe e membro della Commissione incaricata dei lavori di indagine, durante un breve incontro con la stampa.
Sulle reali possibilità della Commissione di ottenere elementi nuovi Iacolino ha però non pochi dubbi. “Dal punto di vista giuridico non possiamo fare molto – ammette – è una commissione che chiamiamo aulicamente d’inchiesta ma che serve a garantire le libertà dei cittadini, siamo chiamati a tutelare una sfera intima che è stata violata. Il nostro è un lavoro politico”. D’altra parte, durante le audizioni “ci sono cose che non ci diranno mai – continua il deputato – questi incontri pubblici nuocciono all’esigenza di tutela delle informazioni. Siamo 220 o 180 tra i componenti, chi interpreta, eccetera: è chiaro che chi parla è estremamente cauto e prudente”.
Più che altro, lo scopo della Commissione è quello di mandare un segnale forte: “Bisogna battere un colpo per dire che questa volta è andata ma cose del genere non devono verificarsi in futuro, anche perché è un precedente pericoloso: oggi sono gli statunitensi ma domani potrebbero essere i canadesi o i cinesi. Si parla di tutelare “le libertà nazionali, la privacy e innalzare la soglia di protezione di questi anche in futuro”. Non solo. Da tenere in conto c’è anche l’aspetto economico, ricorda Iacolino, quello legato al “cloud computing”, all’accesso a informazioni commerciali con un “danno stimato in 73 miliardi di dollari” per le imprese europee.
Letizia Pascale