La burocrazia fa paura. Al solo nominarla si pensa subito a una macchina cieca e insensata, che sfugge a ogni controllo e schiaccia le persone senza alcun discrimine, perseguendo l’unico fine di conservare se stessa. Così da ogni parte si dichiara guerra alla scartoffia, alle procedure, alla cavillosità del modulo che soffoca l’iniziativa e la libertà individuale, che rallenta la presa di decisioni e ostacola l’attività economica. Dare a qualcuno del burocrate è diventato un insulto e chi di lavoro sta dietro una scrivania in qualche Ministero è considerato un trafficone, un disonesto, un mantenuto. Non c’è governo europeo che non abbia varato qualche misura di lotta contro la burocrazia e che in un modo o nell’altro non stia smantellando il suo apparato burocratico pretendendo così di facilitare la vita al cittadino. In questi giorni nel Regno Unito si sta varcando un nuovo limite con la fine del contratto a tempo indeterminato per una parte della funzione pubblica. Se la riforma avanzata dai conservatori andrà in porto, i funzionari pubblici di grado più elevato non dovranno più rispondere ai loro colleghi o a organismi pubblici di controllo ma dipenderanno direttamente dai ministri e la carica degli uni durerà quanto il mandato degli altri. È una politicizzazione dello stato, che da macchina indipendente diventa strumento del governo. Ad ogni elezione cambieranno i vertici dell’amministrazione e ogni volta nuovi mandarini si insedieranno che si serviranno delle istituzioni per esercitare il loro potere. Con la scusa di eliminare la burocrazia, si eliminano quegli scomodi statisti di una volta il cui potere durava oltre quello dei governi e la cui visione a lungo termine impediva politiche elettoralistiche e garantiva la continuità delle istituzioni. Con ogni probabilità la riforma inglese farà scuola, come tutto quel che è venuto dal mondo anglosassone in questi ultimi decenni in campo economico e sociale. Già da tempo anche in Italia si rafforza sempre più la tendenza alla soppressione di uffici e poteri pubblici. Finiremo dunque col limitare anche noi la burocrazia credendo così di diventare più efficienti. Ma quel che limiteremo davvero sarà la nostra libertà. Si dimentica infatti che la burocrazia è l’unica garanzia di imparzialità dello stato. La procedura protegge dal sopruso, dal giudizio arbitrario, dalla corruzione, dal clientelismo: proprio perché è cieca è imparziale. Guarda la regola e non la persona e così deve essere in un sistema democratico. Ma anche questo lo abbiamo perso di vista e anche qui dilaga ormai una visione personalizzata e individualista del vivere civile. Crediamo che l’apparato dello stato sia come la configurazione del nostro telefonino o il nostro profilo facebook e che ognuno di noi abbia il diritto di farselo come preferisce. Pretendiamo un’attenzione personale dalla macchina pubblica che invece è concepita per non vedere nessuno come individuo ma soltanto il comune interesse, perché solo così può garantire la libertà di tutti. La vera soluzione sarebbe una burocrazia più potente e moderna, ma questa si ottiene solo con l’ammodernamento dell’amministrazione e con un investimento di risorse che non è per questi tempi. Il pericolo è che con la fine della burocrazia non finisca anche la democrazia.
Diego Marani