Lo scandalo del cosiddetto Datagate ha fatto emergere che ministri e capi di stato dell’UE erano regolarmente spiati dagli 007 americani fin dentro i palazzi delle istituzioni europee a Bruxelles. Fortezze come il Justus Lipsius, il Berlaymont o il quartier generale dell’European External Action Service si sono rivelati fragilmente esposti all’attacco di videocamere, microfoni e altre cimici. Eppure l’accesso a questi palazzi è accanitamente sorvegliato da uno stuolo di guardie che non lasciano passare neppure Barroso se non mostra la tessera di servizio. Decine di tornelli ad apertura magnetica impediscono l’accesso agli estranei, sbarre e ostacoli anti-intrusione bloccano i parcheggi e perfino i marciapiedi circostanti. I funzionari stessi che devono passare da un edificio all’altro per motivi di lavoro sono costretti ad attraversare i metal detector e sottoporsi a controlli di identità sotto l’occhio severo di vigilantes che li trattano come presunti terroristi. Che tutto questo non sia valso a niente per impedire lo spionaggio americano rivela lo spreco di centinaia di migliaia di euro in un sistema di sicurezza che non funziona, che è solo apparenza e soprattutto affari d’oro per le società che si aggiudicano i lucrosi appalti di sorveglianza.
Lo vediamo tutti anche negli aeroporti quando siamo costretti a dichiarare fino all’ultimo flacone di spray nasale e ci chiediamo se mai un terrorista deciso a far saltare un aereo passerebbe dal check-in per portare a bordo la sua nitroglicerina. La verità è che quella di cui viviamo succubi è una sicurezza rivolta all’interno, intimidatoria contro chiunque non appartenga al clan dei sorveglianti o dei loro mandanti, e ricorda tanto quelle fortezze medievali che tenevano i cannoni rivolti verso la loro città anziché verso l’esterno perché era da lì che veniva la minaccia contro il potere dominante. Viene da pensare che questa non sia solo un’incongruenza dovuta alla degenerazione della comprensibile ossessione di controllo scatenata dall’11 settembre. Forse dietro al sospetto che anima tutto il sistema di sicurezza cui siamo costantemente sottoposti si cela qualcosa di più profondo: la diffidenza indiscriminata che prova ogni potere quando si sente illegittimo. Nella fattispecie oggi, in queste istituzioni europee ormai espugnate dai governi, dove lo spirito comunitario si è estinto, nessuno è capace di una visione coraggiosa e vige la legge del più forte, per chi ne ha preso il controllo i veri nemici non sono i terroristi né le spie, ma quelli che ancora si oppongono alla deriva del progetto europeo, quelli che hanno ancora l’ingenuità e la grandezza di pensare che un politico debba mettere i principi davanti alle convenienze, l’interesse dei cittadini davanti al proprio. Idee ben più pericolose di una bomba.
Intanto nei supersorvegliati bunker dello stato maggiore europeo si pensa il meno possibile perché ormai l’obiettivo è chiudere bottega. Ed è forse questo che ha fatto inalberare tutti i leader europei. Che a cimici accese gli americani abbiano scoperto il flagrante il vuoto di pensiero che regna nei nostri palazzi.
Diego Marani