Che Washington spia tutto e tutti in Europa è noto da decenni a governi e cittadini, la base di Echelon è a Bruxelles, dove le spie proliferano e si ammazzano come in un film… americano
L’onore della privacy europea non fermerà il negoziato per l’accordo commerciale tra Unione europea e Stati uniti. Tutto andrà avanti come previsto. La Commissione europea l’ha detto chiaramente ieri al termine di una riunione settimanale che questa volta ha dovuto dedicarsi anche all’imprevisto tema del “Datagate”, dopo che si è scoperto che gli Usa spiavano, e probabilmente spiano ancora, i partner europei, senza riguardo alcuno ad “amicizie” o “alleanze”.
Ieri mattina se ne è discusso al Parlamento europeo di Strasburgo. Mentre i gruppi della sinistra chiedevano di dare asilo politico a Edward Snowden, il protagonista di questi “Tre giorni del Condor”, il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso spiegava che “se queste notizie dovessero rivelarsi vere, sarebbe molto inquietante e solleverebbe preoccupazioni serie e molto importanti”. Il portoghese ha poi annunciato di aver “richiesto agli Usa una immediata e completa chiarificazione”. Ma poi, nel pomeriggio, al termine della riunione dei commissari il comunicato affermava che “il negoziato commerciale (che durerà fino al 2015, ndr) non deve essere compromesso e deve svolgersi in un clima di fiducia e trasparenza”. Non è una posizione severa da parte dell’Europa.
La realtà è che nonostante le urla e gli strepiti di molti capi di governo e leader politici “le cose erano ben note da tempo – spiega un esperto di intelligence a Bruxelles -, e dunque chi ha finto meraviglia ha solo recitato una parte”. Si sa bene che la prima rete di spionaggio Usa scoperta già qualche anno fa (ma nata negli anni 60), Echelon, ha una delle tre basi di raccolta dei dati nell’Ue, in Gran Bretagna, ed il centro di elaborazione, controllato sempre dalla Nsa come il sistema Prism, è proprio alla periferia di Bruxelles, negli uffici Nato degli Stati uniti. Il problema, anche questa volta, è che la questione “è stata spiattellata dalla stampa ai cittadini – continua l’esperto – e dunque la politica ha dovuto dare l’impressione di reagire”. Ma nessuno si aspetta che questo possa compromettere in alcun modo i rapporti tra Ue e Usa, per vari motivi: 1) la cosa era nota nei luoghi dove doveva esserlo, 2) i paesi europei sono troppo divisi tra loro, hanno spesso relazioni concorrenti verso gli Usa, e dunque non sono in grado di elaborare una strategia comune nei riguardi di Washington, 3) Bruxelles non è esattamente il luogo dove meglio si può affrontare il problema, essendo, come è noto a chiunque la conosca una poco, un covo di spie. Sembra, si sussurra che la sola Gran Bretagna ne abbia circa 400, tra informatori e analisti di vario livello. All’ufficio accrediti della Sala stampa della Commissione “combattiamo da sempre per riconoscere i giornalisti dalle spie. Spesso ci riusciamo, ma non sempre”, spiega un funzionario con una lunga esperienza.
Negli ultimi 8 mesi, poi, nella capitale belga, è forse in corso una guerra, con una strana scia di morti. L’ultimo, noto, è Issaka Djibo, ambasciatore del Niger, trovato morto nel suo letto insieme alla moglie. La polizia parlò di una stufa difettosa… a Bruxelles, nel 2013, nella camera da letto di un ambasciatore. A dicembre si è “suicidato” l’ambasciatore serbo presso la Nato Branislav Milinkovic. Lo ha fatto in pubblico, buttandosi da una balaustra all’aeroporto di Zaventem. Il 14 ottobre Nicholas Mockford alto dirigente della Exxon Mobil, con base in Belgio, responsabile di ricerche su materiali chimici molto avanzati, viene ucciso con tre colpi di pistola all’uscita da un ristorante.
Un po’ di voce grossa in pubblico e grandi sorrisi in privato. Poche ore fa siamo stati diretti testimoni ad una cena di baci, abbracci e sorrisi di dirigenti importanti delle Istituzioni, con William E. Kennard, l’ambasciatore Usa. “Gli Stati uniti sono il partner commerciale, l’ombrello protettivo militare, il principale alleato per la sicurezza – conclude l’esperto-. Per quanto la politica possa protestare, o c’è una rivoluzione, oppure si subisce. Non dimenticando che negli Usa sono i nostri a spiare…”.