“Una somma ridicola”, così in Germania il candidato cancelliere socialdemocratico, Peer Steinbrueck, ha definito la somma stanziata dall’Unione europea per aiutare i giovani ad uscire dalla disoccupazione. Per quanto li si sia in piena campagna elettorale, forse l’antagonista di Angela Merkel alle prossime elezioni non ha tutti i torti: se si guarda a quanto fatto dalla stessa Repubblica federale, che nel solo 2009 ha speso oltre 10 miliardi di euro per il suo piano al sostegno dell’occupazione dei giovani. Un piano che mischia scuola e lavoro, a partire del 16 anni, e che sembra funzionare.
Per questo domani Merkel aveva invitato a Berlino, inizialmente solo i ministri del Lavoro e i responsabili delle agenzie dell’impiego, ma poi si è trovata costretta ad accogliere una ventina di capi di stato, Francois Hollande in testa o di governo, Enrico Letta per primo. Si tratta di una sorta di “mini vertice europeo”, dove Berlino vuol mostrare agli altri quanto è brava e ai propri cittadini la propria leadership, in vista delle elezioni che si svolgeranno tra meno di tre mesi. “La decisione dei leader europei di concentrasi specificamente sulla lotta alla disoccupazione giovanile è il riflesso come sia politicamente facile convincere la gente che qualcosa in questo senso vada fatto”; spiega Janis Emmanouilidis, economista metà greco e metà tedesco, Senior researcher all’European Policy Centre di Bruxelles, città dove sempre meno studiosi credono che questo dei giovani sia l’obiettivo prioritario. E’ un modo per trasferire soldi ai paesi che ne hanno bisogno, spiega lo studioso, “senza doverlo spiegare troppo chiaramente ai propri cittadini”. Secondo un altro economista, il tedesco Daniel Gros, invece di concentrarsi sui giovani “che comunque troveranno lavoro al termine della crisi, sarebbe più saggio pensare ai quaranta-cinquantenni, che hanno famiglie che dipendono da loro e che pagano ben più sostanziosi contributi ai sistemi pensionistici”.
C’è poi un altro rischio, molto concreto, dice Emmanouilidis: “I governi e le istituzioni Ue stanno creando aspettative salvifiche che alla fine potrebbero non soddisfare. Potrebbero avere un effetto cuscinetto nell’immediato, ma poi, senza riforme profonde a livello nazionale, dove risiedono le vere responsabilità in questo campo, potrebbe tutto fallire”. E dunque, tra un anno, quando i disoccupati chiederanno dov’è il loro lavoro che, al momento, non si vede dove realmente possa essere, ecco che le forze più populiste potrebbero prendere il sopravvento” alle prossime elezioni europee.
I suggerimenti tedeschi, sono un po’ quelli già compresi nel piano europeo, che prevede, in sostanza, di mescolare lavoro e formazione, creando per le imprese le condizioni favorevoli per assumere, potrebbero non bastare dice Emmanouilidis, secondo il quale “serve o un piano più generale e profondo o una approccio più umile, che non crei false aspettative.”. E magari che sia meno tagliato sulle esigenze elettorali della cancelliera Merkel.