Secondo le stime dell’Onu i minorenni arruolati in diversi conflitti del pianeta sono 250mila
Junior Nzita Nsuami ha imbracciato il fucile da piccolo: “Ci dicevano uccidi o sarai ucciso”
I Bambini lavoratori, rifugiati, vittime di traffico umano e bambini soldato in tutto il mondo sono ancora moltissimi. Nell’ultimo decennio oltre due milioni di minori hanno perso la vita e più di sei milioni sono rimasti mutilati nei conflitti armati. I numerosi conflitti hanno privato i ragazzi delle loro famiglie, dell’assistenza sociale, sanitaria, del diritto a una formazione; secondo le stime dell’Onu 250mila sono arruolati come soldati.
Junior Nzita Nsuami, ex bambino soldato, è ora presidente di una Ong “Paix pour l’Enfance” nata allo proprio lo scopo di combattere questo fenomeno. Quando aveva 12 anni , appena conseguito il diploma del primo ciclo di studi, fu preso da un commando militare di ribelli in Ghana e costretto a diventare un soldato. “Ci dicevano di uccidere per non essere uccisi” ha raccontato Nsuami. “Quando sono tornato a scuola sono stato discriminato, i genitori dei miei compagni non volevano che studiassi e giocassi con i loro figli e ho anche provato a suicidarmi perché non avevo i soldi per poter studiare, se non mi avessero aiutato i miei genitori adottivi sarei sicuramente tornato a fare il militare”.
Secondo i dati raccolti negli ultimi anni per questi bambini sono necessari dei percorsi speciali di studio e sostegno psicologico che richiedono delle risorse finanziarie adeguate per impedire che siano nuovamente costretti alla schiavitù. Gli studi condotti dall’Unione Europea mostrano che in troppi casi coloro che commettono crimini contro i minori, costringendoli a lavorare o riducendoli in schiavitù, rimangono impuniti. La Convenzione sui Diritti del Bambino è stata ratificata in quasi in tutto il mondo eppure non viene ancora concretamente applicata in molti Paesi.
Secondo Saudamini Siegrest, specialista nella protezione dei bambini dell’Unicef, “la priorità è mettere in pratica i meccanismi di tutela e legislazione internazionale già esistenti combinando azioni contro la violenza e contro l’arruolamento dei minori”. Per Murhabazi Namegabe, del Bureau pour le Volontariat Service Enfance et Santè, è importante che ci sia uno sforzo europeo per cercare di porre fine a questi crimini: “L’Europa può, ad esempio, fare pressione sui Paesi con cui ha accordi di partenariato per ridurre questo problema” spiega. L’europarlamentare Veronique De Keyser (S&D) ritiene che “le Istituzioni europee devono agire concretamente facendo rispettare i diritti e i valori democratici; si devono sostenere anche le azioni locali nei Paesi in cui sono in corso dei conflitti in cui vengono utilizzati anche dei bambini e controllare come i fondi umanitari europei vengano spesi dalle organizzazioni attive su quei territori”.
Irene Giuntella