Ancora da chiarire come si concretizzerà il programma per l’occupazione giovanile e quale sarà il ruolo della Bei: c’è chi vuole proteggerne la tripla “A” ingessandola e chi, come Letta, vuole che faccia a pieno il suo dovere di banca per gli investimenti per stimolare l’economia reale
Il Consiglio europeo si è concluso con più annunci che provvedimenti concreti. I sei miliardi per l’occupazione giovanile saranno spesi tra 2014 e 2015 e a questi potrebbero aggiungersi altri 2 miliardi (per qualcuno 3), nei due anni successivi grazie alla flessibilità nella spesa all’interno del bilancio dell’Ue (Mff) per i sette anni dal 2014 al 2020. Ma non è ancora chiaro come questi soldi si trasformeranno in provvedimenti concreti per favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Di sicuro una parte consistente di questi soldi finirà nello ‘Youth Guarantee’ scheme, che promette di garantire ai cittadini sotto i 25 un lavoro o una formazione d’eccellenza entro i primi 4 mesi dalla fine degli studi. Anche qui non è ben chiaro in che modo: di sicuro per l’Italia non sarà facile utilizzare lo ‘Youth Guarantee’, visto che dovrà essere gestito da i centri per l’impiego, ovvero i ‘collocamenti’, che da sempre da noi non funzionano. “Nel summit in Germania del 3 e 4 luglio metteremo a confronto le migliori pratiche europee e definiremo con più precisione questo provvedimento”, ha spigato il presidente del Consiglio Enrico Letta in conferenza stampa.
Altro oggetto di scontro questa notte è stato il ruolo della Banca europea per gli investimenti. I cosiddetti Paesi ‘amici del better spending’, ovvero i rigoristi, vogliono che mantenga un profilo da ‘tripla A’, ovvero che faccia solo investimenti iper sicuri. Gli ‘amici della coesione’, ovvero gli Stati meno rigoristi, vorrebbero che avesse invece un ruolo più da motore dell’economia reale (come dovrebbe essere una banca di investimenti) e che allargasse un po’ le maglie dei suoi prestiti. Anche qui poca concretezza. Viene confermato il piano messo a punto ben un anno fa secondo cui la Bei con 10 miliardi di prestiti dovrebbe muovere a sua volta 60 miliardi di prestiti complessivi (i crediti della Bei si accompagnano a quelli dei privati o dello Stato) che secondo i calcoli di Bruxelles dovrebbero portare alla fine a 120 miliardi di investimenti produttivi. Per ora solo previsioni. Sostanzialmente fermi anche sulla questione “Unione bancaria”, dove si è ribadito che si tratta di una “priorità chiave”.
C’è poi il capitolo allargamento. Il Consiglio ha deciso di aprire i negoziati per l’ingresso della Serbia nell’Ue “al più tardi nel gennaio 2014” si legge nelle conclusioni. Ma, su pressioni della Germania, la struttura negoziale dovrà essere approvata dal Consiglio europeo di fine anno. Questo permetterà ad Angela Merkel, non molto favorevole all’allargamento nei Balcani, di gestire personalmente la cosa, e non affidarla al suo ministro degli Esteri (che avrebbe dovuto invece gestire la pratica nel caso in cui, come avrebbe voluto Herman Van Rompuy, la decisione fosse stata lasciata al Consiglio Affari Esteri). Lo scrupolo di Merkel è che, nel caso dopo le elezioni di settembre si debba formare un governo di Grande coalizione, il ministro degli Esteri possa essere un esponente socialdemocratico.
Le uniche due decisioni concrete sono state le più scontate, ovvero i due sì all’ingresso della Lettonia nell’euro l’anno prossimo e a quello della Croazia nell’Ue. Lunedì prossimo per festeggiare l’arrivo del nuovo Paese ci sarà una grande cerimonia a Zagabria con doversi capi di Stato e di governo europei. Merkel ha già fatto sapere di avere un impedimento e di non poter partecipare.
Alfonso Bianchi
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