Secondo l’economista tedesco i numeri diffusi dai governi “esagerano la questione”. Bisogna invece “sostenere i lavoratori più maturi”. E per l’Italia, “non servono nuovi soldi, ma riforme del sistema”
E se il problema non fossero i giovani disoccupati e i soldi per gli investimenti? Naturalmente son due questioni che vanno risolte, ma potrebbero non essere la questione centrale per l’economia europea e, in particolare, italiana. Ne è convinto Daniel Gros, stimato economista tedesco fortemente innamorato dell’Italia (parla quasi perfettamente la nostra lingua, imparata anche grazie agli studi a Roma, dove si è laureato con Federico Caffè) che dirige un prestigioso centro studi di Bruxelles, il Centre for european policy studies (Ceps).
“Il problema dei giovani disoccupati è stato straordinariamente esagerato a fini politici. Il problema riguarda in realtà un numero più ristretto di persone”, spiega Gros illustrando uno studio prodotto insieme al più giovane collega Mikkel Barslund. Ad esempio, secondo i dati elaborati dal CEPS, in Grecia tra i giovanissimi, dai 15 ai 19 anni, i disoccupati sono solo il 6%, non il 66% che si afferma nei dati ufficiali, perché solo il 9% di questa fascia di età è effettivamente alla ricerca di un lavoro e due terzi di questi non lo trovano. La questione sarà al centro del Consiglio europeo di oggi e domani qui a Bruxelles, ma sarà affrontata, sostiene l’economista, nel modo sbagliato. “Le proposte che sono all’esame del Consiglio avranno un impatto breve e limitato, e – sottolinea – rischiano di danneggiare altri settori della società”, perchè sottragono risorse che potrebbero essere utilizzate per misure volte ad aiutare i lavoratori in età adulta, magari i padri di famiglia, la cui disoccupazione ha conseguenze più gravi in quanto “perdono mezzi di sussistenza per se stessi e per chi dipende da loro”, ed in media tendono ad avere livelli di reddito più alto contribuendo quindi in maniera molto più significativa di un giovane a sostenere, ad esempio, il sistema pensionistico. “Si rischia di distorcere un corretto sviluppo del mercato del lavoro, quindi di non raggiungere il risultato di creare occupazione per i giovani e anche di danneggiare il sistema”, sostiene Gros. Bisogna avere pazienza, sostiene in sostanza l’economista, e mantenere il sangue freddo. “A recessione finita i giovani troveranno lavoro più facilmente degli anziani, adesso – insiste quando gli si ricorda che comunque c’è sempre meno lavoro per i ragazzi – il compito della politica è di attenuare gli effetti della disoccupazione su chi ha persone che dipendono dal suo reddito”.
I giovani, sostiene Gros, sono anche questa volta utilizzati come strumento di consenso dai politici: “Non sono il vero problema – spiega accalorandosi ma sempre con quel suo sorriso dall’aria intelligente – ma in effetti una questione c’è anche lì, anche se non prioritaria. Allora i politici dicono ‘dobbiamo risolvere questo problema’, chi gli dice che hanno torto? Chi può dire il contrario? Ma si tratta solo di un modo per sviare l’attenzione dalle questioni vere”.
E una questione vera, soprattutto in Italia, è che secondo Gros è “inutile mandare altri soldi per gli investimenti. Andrebbero sprecati, come è successo in passato, e come succederà ancora, se non si rifonda dalle basi il sistema finanziario”. Secondo i calcoli del direttore del Ceps “ad esempio per le Piccole e medie imprese in Italia si è investito molto di più che in Germania, ma il risultato, ritorno sugli investimenti, è stato pari a zero. Quel che serve non è il capitale, ma la ristrutturazione del sistema finanziario, delle banche”.
“Non soldi ma riforme – conclude -. L’Italia ne ha avuti molti in passato, ma deve imparare a spenderli meglio”.