Comunque: “Attendiamo più dettagli per analisi approfondita”. Ma Corte dei Conti e Tesoro “smontano” l’allarme di Repubblica e Ft.
La vicenda sui titoli derivati sottoscritti dal Tesoro italiano negli anni ’90, rivelata oggi da ‘Repubblica’ e dal ‘Financial Times’ “non cambia le nostre valutazioni sul deficit dell’Italia in passato e neanche la nostra stima sui deficit futuri”. Lo ha spiegato Simon O’Connor, portavoce del commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn, rispondendo alle domande dei giornalisti.
O’Connor ha ricordato che Eurostat, l’Ufficio statistico Ue, “chiarifica i dati sui conti pubblici dei paesi membri due volte all’anno: lo ha già fatto ad aprile 2013 e lo farà nuove verifiche a ottobre, riguardo ai dati dell’anno precedente. Prima (di ottobre, ndr) non possiamo fare nessuna analisi dettagliata sui dati statistici italiani, abbiamo bisogno di maggiori informazioni”, ha aggiunto.
O’Connor ha comunque precisato che “l’Italia fu accettata per l’accesso all’euro negli anni ’90 sulla base delle regole che erano allora in vigore. Per il resto, su ciò che la stampa ha pubblicato oggi – ha ribadito – dobbiamo avere più dettagli per poter fare un’analisi più in profondità”. Su questo punto il ministero dell’Economia ha emesso stamane una nota nella quale afferma “in merito alle illazioni avanzate da alcune testate”, che “gli strumenti di protezione dal rischio di interesse oggi gestiti non comportano perdite”. È “assolutamente priva di ogni fondamento” l’ipotesi che la Repubblica Italiana abbia utilizzato i derivati alla fine degli anni ’90 per creare le condizioni richieste per l’entrata nell’euro. Le “operazioni poste in essere all’epoca sono state sempre registrate correttamente secondo una prassi consolidata, nel rispetto dei principi contabili sia nazionali che europei. I controlli effettuati sistematicamente dall’Eurostat a far tempo dalla seconda metà degli anni Novanta, anche quelli conseguenti all`introduzione in più fasi di nuove linee guida sugli strumenti finanziari derivati, hanno sempre confermato la regolarità della contabilizzazione di queste operazioni”, sottolinea la nota.
Un’altra portavoce della Commissione, Emer Traynor, ha poi precisato che fino al 2010 Eurostat avevi poteri di controllo e verifica dei dati statistici nazionali molto più limitati di quelli attuali, e in particolare che negli anni ’90 non c’erano specifiche regole riguardanti i derivati e il loro impatto su deficit e debito pubblici. “Ora abbiamo più dettagli a cui possiamo guardare per calcolare, ad esempio, l’impatto degli swap sulla riduzione del deficit”, ha concluso la portavoce.
Nel lavoro di “smontaggio” della notizia è intervenuta anche la Corte dei Conti, che con una nota ha spiegato che “l’indagine richiamata dalla stampa è unicamente riferibile all’operazione, già conclusa all’inizio del 2012, con la quale si è provveduto alla chiusura di un contratto sottoscritto nel 1994 con la banca Morgan Stanley”.
Red