Non dobbiamo aspettarci molto dal Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimi. Non è che manchi la buona volontà, ma è che il problema dei giovani disoccupati riguarda in particolare i paesi “del sud” e quelli “del nord”, pure se anche lì non tutto va a meraviglia, non hanno nessuna voglia di spendere dei soldi per un giovane mancego o calabrese.
Forse i sei miliardi previsti per i prossimi sette anni potranno essere spesi in due, che da un lato sarebbe una positiva spinta, ma che rischia di essere una spinta verso il vuoto, se fra due anni non ci sarà niente di nuovo. Un po’ come le corse del coraggio con le macchine immortalate in tanti film: vince chi scende prima, e il più disperato è sempre quello che non scende, o che resta impigliato… Non dimentichiamo poi che questi sei miliardi che l’Ue ha deciso di spendere per sostenere l’occupazione giovanile nei paesi dove il problema è maggiore, come l’Italia, sono soldi tolti da altri programmi, non sono moneta fresca. Vuol dire che altri progetti, che ugualmente creavano lavoro, ma magari meno, magari non per forza giovanile, magari proteggevano l’ambiente o l’arte, vengono alleggeriti.
Poi certo, ci saranno moltissime altre misure, noi per primi siamo convinti che la questione è creare le condizioni perché nasca nuovo lavoro, per i giovani ma anche per i cinquantenni, dunque si deciderà che gli stati dovranno modificare i gravami fiscali, che gli stati dovranno favore la formazione, che gli stati dovranno garantire una migliore e più efficiente rete di centri per l’impiego. Insomma l’Ue non può far molto perché i soldi non ci sono, perché i paesi più ricchi non ce li vogliono mettere, e perché, anche questo è vero, ogni paese ha condizioni e ragioni diverse per la crisi occupazionale.
Ammodernare le regole, togliere privilegi, investire, sono passi decisivi ed imprescindibili. Ma si deve anche lavorare, e questo non l’ho sentito ancora, a livello europeo ad un nuovo modello di economia, a nuovi lavori che sostituiscano i vecchi che non ci sono. Altrimenti il rischio è di semplificare le norme, migliorare l’occupabilità, far crescere la formazione, investire in strumenti di lavoro per fare dei bei buchi nell’acqua. Che rispetto alle buche da scavare e ricoprire hanno il vantaggio di ricoprirsi da soli, e quindi se ne possono fare molti di più…