Lascerò l’UE in pace questa settimana a discutere il TTIP. Qualcuno ha sottolineato che si tratta di un nome infelice (almeno letto in inglese) per un accordo non ancora raggiunto. Sono d’accordo. Vabbè, lasciamo perdere…
Ho visto una campagna molto interessante un paio di giorni fa. E in qualche modo si collega ai commenti che ho fatto sulla campagna Kony 2012 qualche mese fa. Questa qui è una campagna dell’UNICEF in Svezia.
Insieme all’UNHCR, trovo che l’UNICEF sia una delle poche istituzioni delle Nazioni Unite – o forse dovrei dire delle poche istituzioni in generale – ad aver capito e ben interpretato il potenziale della comunicazione visiva. Le loro campagne, aiutate dal fatto che lo scopo dell’organizzazione è aiutare i bambini, sono spesso incredibilmente commoventi ed efficaci. Questa è particolarmente ben fatta, perché ti fa pensare non solo ai bambini, ma soprattutto al nostro comportamento, in quanto target audience della campagna.
Ecco quindi, prima lo spot fatto per le televisioni che fa vedere un ragazzo di 10 anni che dice che la sua vita e quella di suo fratello migliorerà perché la pagina Facebook di UNICEF Svezia ha sempre più ‘likes‘. Tristemente surreale ma certamente fa riflettere.
Eccolo (il soggetto è il bambino):
E poi c’è la parte della campagna diciamo ‘umoristica’ con tre clip online che mostrano un uomo che cerca di pagare in ‘likes‘.
Ecco uno dei tre (il soggetto siamo noi):
Queste clip sono buone, non ottime direi. I personaggi potrebbero essere più divertenti – o forse lo sono per il pubblico svedese – ma l’idea è buffa e comunque non è questo il punto.
Questa campagna fa una critica non poi tanto sottile a tutte quelle iniziative che ci spingono a dire ‘mi piace’, fare clic e condividere comodamente seduti a casa nostra, senza spendere una lira (lo so che la lira non c’è più ma spendere un euro proprio non mi torna!). Iniziative che, spesso, non ottengono molto e non cambiano nulla seriamente. Il fatto che strumenti offerti dal Web siano di grande aiuto quando si tratta di raggiungere il maggior numero possibile di persone, non altera il fatto che, nella maggior parte dei casi, ciò di cui c’è veramente bisogno – e soprattuttoin tempi di crisi – sono i soldi, non i ‘likes’.
La peculiarità di questa campagna per me è che i risultati saranno, sì, più donazioni, ma anche inevitabilmente molti più ‘likes’ sulla pagina Facebook di UNICEF Svezia. O forse no? Le statistiche di Facebook sembrerebbero mostrare che mentre nelle settimane successive al lancio della campagna, c’è stato un buzz enorme, i ‘likes’ sono aumentati solo marginalmente.
Pura coincidenza o forse il messaggio ha centrato il bersaglio?