C’è sempre un americano tranquillo nell’animo di ogni americano e periodicamente viene fuori. Quando va male, nelle sembianze di un forsennato giustiziere che vuole correggere il mondo come George Bush Jr. Quando va meglio, nei panni dell’idealista che pone i principi etici davanti ai propri interessi, perfino davanti alla propria incolumità, come Bradley Manning e Edward Snowden. Le analoghe vicende dei controversi “whistle-blowers” che alcuni considerano eroi e altri traditori ricordano un poco Alden Pyle, il protagonista del famoso romanzo di Graham Greene.
L’uno denunciando le atrocità commesse dai militari americani in Iraq e l’altro la macchina occulta della sicurezza che segretamente ci spia, entrambi hanno avuto lo straordinario coraggio di sfidare un sistema che può schiacciarli come mosche. Ma se l’hanno fatto, è perché considerano i loro principi superiori a ogni legge e nel fondo del loro animo sono convinti che alla fine la maggioranza degli americani stia dalla loro parte. Questo significa che è ancora viva nella società americana un’idea di giustizia considerata preminente su qualsiasi potere costituito ed a cui l’americano si sente libero di rifarsi quando la vede calpestata. Si può anche considerare solo candore donchisciottesco il gesto di Manning e Snowden, ma resta il fatto che esiste e che obbliga l’America a discuterne. Tutto il contrario di quello che accadrebbe da noi in una circostanza simile. Anche per molto meno, ne vediamo tanti alzare le braccia davanti all’ingiustizia o alla prevaricazione. Ci sentiamo tutti estranei all’illegalità cui spesso assistiamo e la liquidiamo spicciativamente come qualcosa che non è affar nostro.
Nella nostra mentalità, qualsiasi potere è legittimo di per sé, solo in quanto potere, e denunciarne gli abusi è sempre un fare la spia. Con il potere da noi si negozia piuttosto un accomodamento personale, mai se ne discute il fondamento generale. Così accettiamo senza batter ciglio limitazioni della nostra libertà che prese individualmente sono impercettibili ma tutte insieme sono un sopruso. La nostra via non è combatterle ma cercare di passarvi in mezzo con lo strumento del favore, della raccomandazione, dell’amicizia potente. In generale da noi il semplice concetto di ravvedimento è considerato un vizio, un difetto, in fin dei conti una defezione. E poco importa se si defeziona dal peggior male. Nella nostra mentalità un mafioso o un terrorista pentiti sono comunque sospetti perché disertori di un potere. Non ci fidiamo di loro per quel vizio, che ce li rende inaffidabili, di avere avuto un dubbio. L’americano invece, nella sua flagrante ingenuità conserva la vigilanza, non smarrisce la consapevolezza che la democrazia si fonda su un patto e rivendica ogni volta il diritto del dubbio inteso come correttore dell’anomalia, come salutare riposizionamento dell’unica bussola affidabile che è quella della libertà.
Diego Marani