Siamo al countdown di questa legislatura europea. Tra un anno avremo un nuovo Parlamento e pochi mesi dopo una nuova commissione. Anche il presidente del Consiglio europeo se ne andrà. Non è un buon momento, c’è troppa gente che sta affannandosi per cercare una collocazione, un esercizio che, se così diffuso tra centinaia di persone (a livello politico) e qualche migliaia (a livello di pubblici funzionari) non può che portar danni.
Eppure ci sono tante cose importanti da fare: il bilancio pluriennale, la riforma della politica agricola, l’unione bancaria, l’accordo commerciale con gli Stati Uniti, le regole di sicurezza per le motociclette, e potremmo continuare. Sono cose urgenti, di importanza capitale (le moto forse meno, ma andatelo a dire ai produttori e ai lavoratori, che già affrontano un calo di mercato del 25% all’anno) e non sono sicurissimo che chi ne ha la responsabilità abbia la “freschezza” necessaria per gestire i negoziati.
José Manuel Barroso ha tentato di candidarsi per una terza volta alla Commissione. Per quanto sia stato uno che non ha certo creato problemi ai governi nessuno lo ha nemmeno preso in considerazione, non si è discusso sul suo annuncio pubblico né in senso positivo né negativo. E’ passato nella completa indifferenza, anche nel suo partito, il Ppe, il che non è un bene (per lui). E quindi è lì che cerca qualcosa da fare dopo. Nel suo paese le cariche sono assegnate, dovrebbe aspettare troppo per ritagliarsi un posto, ipotetico, di presidente della Repubblica, e dunque cerca lavoro all’Onu (si dice) o in qualche altro bell’organismo internazionale. Per farlo però non deve dispiacere a Stati Uniti e Gran Bretagna, e questo lascerà sempre qualche dubbio sulle sue scelte, in particolare sul trattato commerciale. Ad esempio non si sono ben capiti gli avvertimenti sulle minacce di ritorsione che sarebbero arrivate da Washington se si fosse tenuto fuori l’audiovisivo. Lo si è tenuto fuori e, almeno per ora, Obama sembra contento.
Herman van Rompuy è un altro che ha ben servito i governi (d’altra parte lavora per loro) e spera in un buon incarico. Il capo dello Stato nel suo paese, che è una monarchia, non può farlo. Poi anche il Belgio, come il Portogallo, è piccolo, non ci sono grandi incarichi da prendere. C’era tempo fa un buon posto di vice segretario all’Ocse, ma un altro ex premier belga, Yves Leterme, ha pensato bene di occuparlo. Quindi anche HvR guarda lontano, forse anche alla Nato, dove da tempo pende la candidatura si Franco Frattini presentata ufficialmente dal Governo Monti, ma che non è piaciuta molto ai partner, tanto che si sono affrettati a prorogare l’attuale Segretario generale perché non si è trovato il consenso sull’italiano. Anche per lui Usa e Gb son da tener buoni.
In Parlamento qualcuno ha già deciso di candidarsi nelle Camere nazionali, altri, come i liberali tedeschi, non sanno dove sbattere la testa perché il partito gli è evaporato in questi anni di alleanza con Angela Merkel. Chi potrebbe avere un futuro è il presidente Martin Schulz, che la sinistra europea ha candidato a presidente della Commissione. Candidatura al momento informale, bisogna vedere come andrà il voto (anche in Germania) ma almeno c’è. Certo se non dovesse andare anche lui sarebbe in cerca.
Lorenzo Robustelli