Secondo un’indagine di European Women’s Lobby, solo cinque Stati, tra cui l’Italia, rispettano la Convenzione di Istanbul. Carente anche la raccolta di dati sul fenomeno
Nella lotta alle violenze sulle donne, almeno sulla carta, l’Italia è tra i primi della classe. Il nostro Paese è uno dei pochissimi in Europa con una legislazione che risponde agli standard minimi previsti dalla Convenzione di Istanbul, il trattato internazionale del Consiglio d’Europa volto a prevenire e sanzionare i femminicidi, gli stupri e le altre forme di violenza di genere. A passare in rassegna le azioni messe in campo dagli Stati europei contro gli stupri è la European Women’s Lobby (Ewl), che riunisce più di 2 mila associazioni di donne di tutta Europa. L’organizzazione ha messo a punto un vero “barometro” che, per il 2013, ha preso in esame due diversi indicatori: la legislazione esistente in ogni Paese e la presenza di dati su questo fenomeno.
L’analisi del primo indicatore, quello sulla legislazione, mostra chiaramente che in Europa qualcosa non va. La stragrande maggioranza degli Stati non rispetta nemmeno gli standard minimi previsti dalla Convenzione di Istanbul. Sei Paesi (Bulgaria, Ungheria Lituania, Malta, Serbia e Ucraina) hanno una legislazione di gran lunga al di sotto degli standard. Nelle leggi ungheresi, ad esempio, si fa ancora riferimento alla “morale sessuale”, a Malta lo stupro è definito un crimine contro “la pace e l’onore delle famiglie”, in Bulgaria c’è addirittura la possibilità per lo stupratore di evitare sanzioni sposando la donna prima della sentenza, mentre in Lituania non è considerato reato lo stupro all’interno di una coppia sposata.
Solo cinque Paesi superano l’esame: Italia, Irlanda e Turchia hanno una legislazione che corrisponde agli standard minimi, mentre solo due, Paesi Bassi e Gran Bretagna, superano gli standard necessari per rispettare la Convenzione di Istanbul. Tutti gli altri Paesi presi in esame dagli esperti di Ewl, hanno una legislazione ancora carente nella tutela delle donne contro le violenze sessuali.
La situazione non migliora se si analizza la disponibilità di dati su questo fenomeno: con pochissime eccezioni, informazioni sulle donne vittime di violenza sessuale, non esistono affatto. La causa è in parte ancora la paura di denunciare. Secondo alcune ricerche e in base all’esperienza delle Ong, si calcola che in Europa solo tra il 2 e il 10% degli stupri venga dichiarato. Paura di ritorsioni, vergogna, mancanza di fiducia nel sistema giudiziario impediscono che le proporzioni del fenomeno possano essere correttamente individuate. Ma questa non è l’unica causa: spesso gli Stati stessi non raccolgono alcun dato sul fenomeno.
Secondo il barometro di European Women’s Lobby, solo in Germania e Slovenia vengono sistematicamente raccolti dati che danno informazioni rilevanti. In altri 8 Paesi (Austria, Croazia, Cipro, Danimarca, Lituania, Portogallo, Serbia e Svezia) esistono statistiche che danno però informazioni carenti: nessun dato, ad esempio, evidenzia la relazione tra vittima e responsabile della violenza.Peggio ancora va in altri cinque Paesi, tra cui l’Italia: qui le statistiche non includono dati disaggregati per genere e le uniche informazioni derivano da indagini più generali sul crimine o la sicurezza. Tutti gli altri Paesi forniscono un grado di informazioni sul fenomeno pari a zero: le forze di polizia o i sistemi giudiziari non registrano e raccolgono alcun tipo di informazione e non esistono dati sugli stupri.
Letizia Pascale