Nell’ultimo numero di The New York Review of Books un importante articolo descrive lo sfacelo che il transito delle grandi navi da crociera sta provocando a Venezia senza che nessuno (tre le autorità) muova un dito per salvarla. Una battaglia di interessi si gioca in laguna che vede coinvolte almeno 6 diverse autorità pubbliche e dove la posta in gioco sono i soldi, i tanti soldi che portano le navi da crociera di cui Venezia è diventata il più importante porto del Mediterraneo. Ogni anno 655 navi da 100.000 tonnellate compiono più di 1.300 passaggi in laguna spostando ogni volta gigantesche quantità di acqua nei fragili canali e contro le sabbiose fondamenta di una città unica al mondo. Ma Porto, Comune, Magistrato delle acque, Regione, Provincia e Sovrintendenza sembrano avere ognuno una diversa visione o forse nessuna del futuro della città.
Venezia è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità e questo comporta degli obblighi per l’Italia che è tenuta alla sua conservazione. Un decreto del governo nel 2012 ha provvidamente vietato l’accesso a Venezia di navi superiori a 40.000 tonnellate, ma l’autorità portuale ignora il divieto e malgrado le denunce dell’Unesco i giganti del mare che d’estate sbarcano fino a 35 mila turisti al giorno continuano a risalire la Giudecca nell’indifferenza delle autorità interessate e con l’ovvio beneplacito di tutti quelli che si riempiono le tasche grazie al traffico, a cui poco importa della lenta distruzione della città. A cominciare dall’aeroporto che smista a Tessera i turisti che imbarcano e sbarcano dalle crociere.
Così Anna Somers Cocks denuncia nel suo articolo anche il nulla osta del Comune alla costruzione sulla riva di Mestre di un grattacielo più alto della Tour Montparnasse a Parigi che ad appena otto chilometri dal campanile di San Marco lo sovrasterà per due terzi della sua altezza deturpando per sempre il paesaggio lagunare. “Non è vero”, dice il sindaco e l’autrice si chiede cosa stia succedendo a Venezia se anche “la verità matematica è diventata un’opinione”. Un ennesimo segno dell’indifferenza, quasi dello spregio dell’unicità di Venezia che si accompagna all’uguale disinteresse per tanti altri nostri tesori ridotti a ruderi quando invece potrebbero essere miniere d’oro, come ad esempio Pompei, anch’essa dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
In questi stessi giorni a Bruxelles si è discusso aspramente su una materia che ci tocca da vicino e cioè l’esclusione dell’audiovisivo dal nuovo trattato di libero scambio con gli Stati Uniti. Il cinema è un’altra delle nostre ricchezze e una nostra importante tradizione culturale che però non ha i mezzi per competere con i giganti di Hollywood e che abbandonato alla libera concorrenza rischierebbe di scomparire. Ma l’Italia non aveva strategie per questa battaglia, non aveva neppure pensato di combatterla e aspettava rassegnata l’invasione statunitense di un mercato del cinema che da noi è già in rosso. Per fortuna che la Francia, combattendo da sola e contro tutti, è riuscita a ottenere l’esclusione e a ridare così fiato anche al nostro cinema. Noi che abbiamo, sempre a Venezia, il più importante festival del cinema al mondo, siamo tuttavia insensibili alla necessità di sostenere l’industria cinematografica con lecite tutele.
Desolanti storie che confermano ancora una volta quanto l’Italia sia priva di ogni strategia culturale, di ogni visione di sé nel mondo. Un paese cieco, inconsapevole della sua tradizione, che si aggira fra le rovine della propria civiltà senza più ricordarla. Noi che potremmo essere una superpotenza culturale e fare del nostro patrimonio storico-artistico la nostra principale risorsa, quando non lo lasciamo crollare lo dilapidiamo. Il New York Review of Books mette in copertina un’immagine di Venezia deturpata dal passaggio di una nave da crociera e con l’importante articolo che le dedica, esprime tutta la preoccupazione mondo intellettuale americano per lo scempio che si sta facendo della città. Noi che ne siamo i proprietari e i responsabili della sua tutela trattiamo invece Venezia come una mucca da mungere senza nessuna visione responsabile per la sua conservazione. A questo punto viene da chiedersi se i monumenti dichiarati dall’UNESCO patrimonio dell’umanità non appartengano autenticamente all’umanità intera e non debbano essere sottratti alla giurisdizione degli Stati in cui si trovano qualora questi si dimostrino incapaci di tutelarli. Serve d’urgenza un contingente ONU che protegga Venezia dall’Italia.
Diego Marani