Dal 2007 sono calati del 44% gli arrivi e sono aumentate del 35% le partenze dal Paese
Sempre più italiani cercano fortuna soprattutto in Germani e Gran Bretagna, ma trovare lavoro per gli stranieri è più difficile: “Un’ingiustizia frutto di pregiudizi infondati”
Se mandi un Cv, ma il tuo nome sembra quello di un immigrato, hai, in media, la metà delle possibilità di essere richiamato per un colloquio. Secondo Angel Gurrìa, segretario generale dell’Ocse, si tratta di “un’ingiustizia frutto di pregiudizi infondati”, che mina direttamente i bilanci degli Stati. Dallo scoppio della crisi economica mentre il tasso di disoccupazione dei cittadini europei è salito di 5 punti percentuali, dal 2008 al 2012, il numero di stranieri senza lavoro si è tenuto più alto di ulteriori 3 punti. Il rapporto annuale dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, sulle migrazioni internazionali illustra una situazione di continuo aumento della discriminazione nei confronti di chi viene “da fuori”.
Non dare lavoro a un immigrato solo perché tale, però, è una mossa che ci si ritorce contro: “Non si tratta solo di una questione etica o morale” ha precisato Gurrìa, persino le cifre ci dicono che non conviene. Se si dà lavoro agli stranieri, questi possono diventare un’importante risorsa, anche finanziaria, per i Paesi che li sanno accogliere. Si pensi che in Italia il contributo netto di uno immigrato (ossia le tasse che paga, meno il costo dei benefici che lo Stato gli offre) è di circa il doppio rispetto a quello di un italiano. Situazioni simili si ritrovano anche in Spagna, Grecia e Portogallo: dimostrazioni lampanti di come immigrati regolarmente impiegati, siano un vantaggio per tutta la società.
Perché ciò si realizzi, però, i governi “devono smettere di tagliare gli investimenti per le politiche d’integrazione” ha ricordato il Commissario per gli affari interni Cecilia Malmström e, se hanno la necessaria capacità di leadership, “devono porre un freno ai movimenti xenofobi” che ultimamente stanno prendendo sempre più piede in Europa. Lo scenario B che ci si propone è una folla di senza lavoro che rischia l’emarginazione: già ad oggi nell’Unione europea, tra gli stranieri senza lavoro, uno su due lo cerca da oltre un anno.
In quanto italiani, inoltre, dovremo cominciare a cambiare il nostro punto di vista: se è diminuito il numero di immigrati che arrivano nel nostro Paese, un calo di circa 44% rispetto dal 2007 (-11% solo nel 2011), sono aumentati (del 35% nel solo periodo da fine 2011 a fine 2012) i nostri concittadini che si trasferiscono, spesso in cerca di lavoro, in altri Paesi Ue: primi fra tutti Germania e Regno Unito. Non siamo soli, con noi si sono mossi anche 34mila Greci e 28mila Spagnoli nel giro di un anno. Tra il 2011 e l’anno successivo le emigrazioni verso la Germania dalla Grecia sono aumentate del 73%, quelle da Spagna e Portogallo del 50%. È il risultato della crisi economica, che vede sempre più europei costretti a muoversi tra i Paesi membri, per poi, secondo il rapporto Ocse, trovarsi spesso di fronte a situazioni lavorative persino peggiori di quelle che avrebbero potuto ottenere a casa loro.
Camilla Tagino