Le remore di tanti commentatori e tanta opinione pubblica sulla schedatura del DNA lasciano un po’ perplessi, soprattutto se si invoca il rispetto della privacy per contestarla. Forse molti non si rendono conto che già da tempo abbiamo rinunciato ai nostri diritti di riservatezza aprendo profili su Facebook e su Twitter, acquistando on line o anche solo cercando un indirizzo con uno smartphone. Siamo pronti a pubblicare sui social network immagini private, a esprimerci su ogni cosa immortalando le nostre parole nell’indelebile rete, a farci tracciare gli acquisti da sistemi informatici eppure ci sembra un’intollerabile abdicazione di ogni diritto vedere il nostro DNA registrato dalla polizia. Sguazziamo allegramente in rete seminando di noi tracce infinite, rivelando legami, amicizie, relazioni, parentele, interessi, fede religiosa e idee politiche senza nessuna esitazione e in più non abbiamo mai provato nessun turbamento nel vedere registrato il nostro colore di occhi e di capelli nei nostri documenti di identità o il nostro gruppo sanguigno nel nostro tesserino sanitario. Ma non sia mai che qualcuno vuole prenderci il DNA. Noi non l’abbiamo mai visto e non sapremmo neanche da dove cominciare a leggerlo, ma il fatto che sia accessibile a qualcuno ci dà l’impressione di poter essere contraffatti, duplicati, sostituiti. Irrazionalmente pensiamo che il DNA sia come l’anima e possa esserci tolto, rubato da un anonimo demone che ci annienterebbe dal di dentro sottraendoci cromosomi. Presi in una sindrome del Grande Fratello, immaginiamo complotti fantascientifici, incroci in provetta da cui uscirà un nostro sosia che prenderà il nostro posto. A parte il fatto che sarebbe un gran sollievo, possiamo stare tranquilli: come nessuno se ne farà mai niente del nostro tasso di colesterolo, se non il medico per metterci a dieta, così con il nostro DNA. Sarà soltanto un dato personale conservato in fondo nel nostro interesse. Non dimentichiamo che proprio negli Stati Uniti è stato possibile escludere persone da indagini su omicidi proprio grazie al loro DNA, precedentemente registrato. Quello che serve in questo campo è piuttosto una normativa chiara e condivisa fra una maggioranza di paesi, che tuteli diritti e riservatezza. In altre parole, meglio mettersi d’accordo bene con gli americani e sapere cosa registrano di noi piuttosto che fare i paladini della libertà e poi venire schedati comunque.
Diego Marani