Un forte appoggio all’interno del Paese e la mancanza di un’alternativa politica blindano il premier
Intervista alla studiosa dello European Policy Centre, a Bruxelles la maggiore esperta del Paese
“Sbagliato parlare di Primavera turca, qui ci sono attori democratici che potrebbero intervenire”
“Altamente improbabile, praticamente impossibile”. L’eventualità che le proteste e le tensioni di questi giorni in Turchia si tramutino effettivamente in una caduta del primo ministro, Recep Tayyip Erdogan, è davvero remota. Secondo Amanda Paul, analista politica dello European Policy Centre, esperta di Turchia, il premier “ha semplicemente troppo sostegno all’interno del suo Paese” perché questo possa accadere. Ma da prendere in considerazione, quando si cercano di prevedere le possibili conseguenze politiche di quello che sta succedendo, ci sono anche altri fattori.
Quali?
Bisogna tenere presente che non c’è alcuna forte o effettiva opposizione che possa sfidare il premier e il suo partito. Dopo più di un decennio, la principale forza di opposizione – il Partito Popolare Repubblicano (Chp) non costituisce una seria sfida al Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Akp) di Erdogan. Il fatto che il Chp sia un “guscio vuoto” è stato anche uno degli elementi che hanno aiutato l’Akp e Erdogan a diventare sempre più potenti e forti nel loro stile di governo, perché non c’è alcun adeguato sistema di controlli ed equilibri.
Quindi secondo lei le proteste non limiteranno in alcun modo il potere di Erdogan?
Possono almeno bloccare la sua ambizione di riscrivere la Costituzione in modo da attribuire più poteri alla presidenza per poi candidarsi per questa carica.
Le proteste dei cittadini sono iniziate per difendere Gezi Park ma è chiaro che ci sono anche molte altre tensioni. Quali sono le cause profonde?
Le proteste per Gezi Park sono state la scintilla che ha fatto esplodere la bomba. Da molto tempo ormai il partito di governo, l’Akp, stava approfittando della sua posizione dominante nella politica turca, forzando le politiche e le leggi e intraprendendo grandi progetti senza consultare le altre parti interessate e la società in senso più ampio. Dopo più di dieci anni al potere, Erdogan vede sempre più se stesso e il suo partito come il solo e indiscutibile potere, esercitando il controllo su tutto l’apparato statale. Sembra aver dimenticato che la democrazia non è solo nelle elezioni e non significa che la maggioranza può imporre la propria volontà agli altri senza il rispetto dei punti di vista alternativi. Il primo ministro sta plasmando la Turchia in un Paese con cui lui – e i suoi sostenitori – si identificano, ignorando quasi completamente la sensibilità e gli stili di vita dell’altra metà.
C’è chi dice che Erdogan stia portando la Turchia verso una “Sharia moderata”…
Sicuramente una delle cause principali delle proteste è stata la strisciante politica di stile conservatore che il governo sta portando avanti, così come il suo crescente controllo sull’amministrazione. Questo include il divieto di cartelloni pubblicitari a Istanbul con ragazze che indossano bikini, la rimozione dei tavolini all’aperto dalle caffetterie perché incoraggiano al consumo di bevande alcoliche e, più recentemente, la nuova legge sull’alcol, che non è stata accolta di buon grado da ampi strati della popolazione. Anche se la Turchia è lontana da leggi simili alla Sharia, le élite dominanti danno scarsa considerazione o rispetto alle parti della società che preferiscono uno stile di vita diverso, che può includere il godersi un bicchiere di vino o birra senza dovere pagare un prezzo elevato per questo.
Qualcuno parla già dell’inizio di una Primavera turca. Vede delle similitudini?
No, le proteste in Turchia non possono essere confrontate con la Primavera araba e con gli eventi avvenuti in Paesi come l’Egitto. Quelli erano guidati da lungo tempo da leader autoritari, non eletti in modo democratico e che opprimevano profondamente buona parte dei loro popoli. Il paragone sarebbe una forzatura della realtà. Qui ci sono ancora attori democratici con il potere di intervenire e contribuire ad una soluzione che può essere efficace in un breve periodo di tempo.
Chi sono i manifestanti turchi? È possibile fare un identikit?
I manifestanti vengono da tutte le parti dello spettro politico. Vanno dai giovani ai vecchi, dagli attivisti per i diritti gay ai dissidenti ma socialmente conservatori curdi. Il loro punto d’incontro è che tutti si focalizzano su ciò che non gli piace di Erdogan e del suo partito.
Crede che la situazione bloccherà il dialogo per il processo di adesione della Turchia all’Ue?
C’è molta preoccupazione in Europa per gli sviluppi in Turchia, in particolare per la brutalità della polizia nei confronti dei manifestanti, ma ci sono anche timori che il governo abbia accantonato la sua agenda di democratizzazione, che Erdogan voglia continuare con i suoi piani per essere l’unico ad avere il controllo della leadership,… L’Ue è stata molto esplicita nel comunicare ad Ankara che servono progressi per quanto riguarda le libertà fondamentali, inclusa la libertà di espressione, la libertà di riunione e la libertà dei media. Ha anche ricordato che serve un approccio “inclusivo” al processo decisionale in particolare su questioni di potenziale conflitto e sensibilità. Chiaramente, questi eventi non aiuteranno la Turchia nel processo di adesione all’Ue che è già in fase di stallo: saranno usati dai contrari come prova che il Paese è ben lungi dal soddisfare i valori e gli standard comunitari. Tuttavia, visto chel’Ue e la Turchia sono fortemente interdipendenti in molte aree, la relazioni deve continuare in modo proattivo e rimarrà molto importante.
Letizia Pascale
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