La Francia è sola contro tutti a difesa del cinema (suo) ed europeo e minaccia di porre il veto se non sarà mantenuta una “eccezione culturale” nell’accordo di libero scambio tra Ue e Stati Uniti
In Francia le sovvenzioni e le quote a sostegno di cinema, televisione e musica nazionali sono numerose ed efficaci, per questo motivo, in vista del Consiglio affari esteri di venerdì prossimo che minaccia di metterle in discussione, Parigi è stata la prima ad opporsi.
Nell’agenda dei ministri è prevista la decisione per l’assegnazione alla Commissione europea, del mandato negoziale per l’accordo di libero scambio tra l’Unione e gli Stati Uniti, il Ttip. L’obiettivo delle discussioni sarà di alleggerire le barriere burocratiche e fiscali che ancora pongono un freno ai mercati transatlantici, ma alcuni Paesi membri temono che con certe liberalizzazioni l’audiovisivo europeo venga schiacciato dai giganti di oltreoceano.
L’accordo di dimensioni storiche andrà a coprire i settori più disparati: dal riconoscimento dei reciproci standard di sicurezza delle auto, al permettere a compagnie europee voli interni negli Usa. Tagliando i costi della burocrazia superflua, il risparmio per i consumatori arriverebbe sino al 20% del prezzo del servizio o del prodotto importato. Il che si traduce, secondo uno studio del Cepr, il Centro di ricerca politico economica, di Londra, in un totale per l’Ue di 119 miliardi di euro l’anno. Restano aperte questioni come quella degli Ogm, per il cui impiego la Commissione ha parlato di “semplificazione nelle procedure”, senza meglio specificare.
Niente di tutto ciò, però, ha creato tanto scompiglio quanto la decisione sulla cosiddetta “eccezione culturale”. In prima linea si sono da subito schierati i francesi: Aurélie Filippetti, Ministro per la cultura, l’ha detto chiaramente che per loro la questione “non è negoziabile”. Dal canto europeo hanno presto fatto eco il Parlamento, che ha approvato una risoluzione comune per escludere dal mandato i servizi audiovisivi e, a seguire, quindici Stati membri con una lettera a Bruxelles e 80 registi europei con una petizione: tutti uniti a difesa della “eccezione culturale”.
Voci che sono state ascoltate, tanto che la Commissione ha proposto delle linee rosse invalicabili, a garanzia che le singole politiche per l’audiovisivo non saranno modificate e che in futuro, per le nuove tecnologie, gli Stati potranno introdurre regole nazionali. Una volta assicurata la protezione di quote e sussidi, però, sia la Commissione, sia la Presidenza irlandese, hanno insisto sull’importanza di lasciare l’audiovisivo nel mandato, rimuoverlo ex ante, darebbe agli Usa la possibilità di fare altrettanto, magari con gli Igp, gli indicatori geografici protetti per i prodotti agricoli e alimentari, tanto cari a noi europei, quanto scomodi oltreoceano.
Dei 15 Stati membri firmatari della lettera, hanno tutti fatto dietro front, anche l’Italia, disposta a fare pressione solo nel caso in cui le linee rosse non vengano rispettate. La Francia resta, così, sola, ma se la Presidenza irlandese aspira davvero un mandato per unanimità, un voto contrario sarà più che sufficiente. Nonostante la netta presa di posizione di Parigi, però, tra le fonti Ue c’è fiducia che venerdì si troverà un accordo, tanto che di un piano B non si parla nemmeno.
Camilla Tagino
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