Spazzata via l’illusione del dialogo, riprendono gli scontri. Sgombrata piazza Taksim, la polizia entra a Gezi Park. Il premier: “Gli alberi saranno sradicati e trasferiti. La questione è chiusa”
Solo ieri l’annuncio della disponibilità ad un incontro con i manifestanti di Gezi Park aveva fatto sperare che la tensione sarebbe calata: per un attimo un dialogo tra il premier turco Tayyip Erdogan e i manifestanti, che da ormai dodici giorni sono scesi per le strade di Istanbul, era sembrato possibile. Un’illusione durata appena poche ore. Poi, a chiarire che i piani del Governo non sono in discussione e i metodi nemmeno, ci hanno pensato le forze di polizia: dalle prime ore di questa mattina hanno fatto ingresso in piazza Taksim, occupata dai manifestanti, e con blindati, cannoni ad acqua e lacrimogeni ne hanno ripreso il controllo. Dopo la “pulizia” al posto degli striscioni dei manifestanti sventolavano una bandiera nazionale e un ritratto di Mustafa Kemal Ataturk, fondatore della Turchia secolarizzata e repubblicana. Negli scontri, secondo l’Associazione medici turchi, sono rimasti feriti almeno 100 manifestanti di cui cinque sarebbero in gravi condizioni.
La dimostrazione di forza non è finita. Erdogan decide di darla anche a voce, parlando davanti al gruppo parlamentare del suo partito Akp: “Sradicheremo gli alberi da Gezi Park, saranno ripiantati in un altro luogo. La questione è chiusa”, non lascia spazio a repliche. E poi ai manifestanti: “Si ritirino dal parco, non avremo più tolleranza”. Alle parole seguono poi i fatti. Proprio mentre il primo ministro termina il suo discorso, secondo quanto raccontato da diversi testimoni alle agenzie di stampa, decine di poliziotti in tenuta antisommossa si spingono dentro Gezi Park, il cuore della rivolta. Scoppiano nuovi scontri che finiscono con gli agenti costretti a ritirarsi.
Una nuova giornata di tensione e scontri. La dodicesima e sicuramente non l’ultima. A due settimane dall’inizio delle proteste, partite il 30 maggio con un sit-in degli ambientalisti contro la distruzione di Gezi Park per fare posto ad un centro commerciale e dilagate poi in un movimento nazionale di critica contro il governo, le fratture appaiono difficilmente ricomponibili. Le migliaia di manifestanti chiedono le dimissioni del premier turco, accusato di essere troppo autoritario e di portare avanti poitiche conservatrici “di stampo islamico”. Erdogan, dal canto suo, ha definito i manifestanti “folli” e provocatori. “Cari giovani, abbiamo preso in mano la Turchia in circostanze difficili e attuato grandi cambiamenti. Gli standard di libertà e democrazia che avete oggi, non potevano essere neanche un sogno 10 anni fa” risponde ai manifestanti contestando così l’argomento della protesta in difesa della democrazia.
Quello che è in atto, secondo il premier, è piuttosto, “un tentativo di distruggere la nostra economia e il nostro mercato azionario. È in corso – avverte – un tentativo di distorcere l’immagine del nostro Paese a livello internazionale”. La situazione delle ultime settimane, in effetti, sta mettendo in difficoltà le finanze dello Stato, con un grosso ritiro di capitali dall’estero. La Borsa di Istanbul la scorsa settimana ha perso più del 10%, bruciando un miliardo di dollari. La banca centrale ha dovuto intervenire per sostenere la lira, caduta ai livelli piu’ bassi rispetto al dollaro dall’ottobre 2011. Tutto parte di un piano, secondo Erdogan, organizzato “da alcune istituzioni finanziarie, dalla lobby dei tassi di interesse e dai media per danneggiare l’economia della Turchia e spaventare gli investitori”.
Il premier ha confermato in quattro il numero delle vittime di questi giorni di scontri. “Tre nostri giovani sono morti e anche un giovane poliziotto”, ha affermato. Secondo l’associazione medici turchi, quasi 5mila manifestanti sono stati feriti.
Letizia Pascale