La Commissione invia una raccomandazione “non vincolante” ai paesi membri. “Serve maggiore coerenza”
Gli Stati membri dovrebbero dotarsi di meccanismi di ricorso collettivo per garantire l’effettivo accesso alla giustizia. A chiederlo è la Commissione europea nell’apposita raccomandazione presentata oggi. Una raccomandazione, eccezione fatta per le raccomandazioni specifiche per paese, non è perentoria, e il documento dell’esecutivo comunitario contiene una serie principi comuni “non vincolanti” relativi ai meccanismi di ricorso collettivo negli Stati membri, con l’obiettivo – dichiarato dalla stessa Commissione Ue – di “garantire un approccio orizzontale coerente ai ricorsi collettivi nell’Unione europea, senza voler armonizzare gli ordinamenti degli Stati membri”.
Il ricorso collettivo è un meccanismo processuale che, per ragioni di economia di mezzi del processo o di efficienza dell’applicazione delle norme, consente di riunire in un’unica azione in giudizio varie controversie individuali attinenti allo stesso caso. Si tratta di un concetto ampio, che comprende sia provvedimenti di natura inibitoria (azioni il cui scopo è ottenere la cessazione di un comportamento illecito) che di natura risarcitoria (azioni finalizzate al risarcimento dei danni causati). Non si tratta delle cosiddette “class action”, le azioni collettive usate nell’ordinamento giuridico statunitense. La Commissione europea invita quindi tutti gli Stati membri a dotarsi di sistemi nazionali di ricorso collettivo definendone i principi su cui dovrebbero basarsi. In primo luogo si ravvisa come i ventisette “dovrebbero avere” un sistema di ricorso collettivo che, in situazioni in cui un gran numero di persone è danneggiato da una stessa pratica illecita, consenta alle persone fisiche e giuridiche di ottenere tutela e risarcimento del danno. Inoltre gli stati dovrebbero adoperarsi affinché i procedimenti di ricorso collettivo siano “giusti, equi, tempestivi ed economicamente non proibitivi”. Inoltre “come regola generale”, i sistemi di ricorso collettivo dovrebbero fondarsi sul principio del cosiddetto “opt-in”, secondo cui la parte ricorrente si costituisce mediante assenso direttamente espresso dai partecipanti. “Qualunque eccezione a detto principio dovrebbe essere debitamente giustificata da motivi di buona amministrazione della giustizia”. Ancora, la Commissione europea raccomanda “garanzie processuali solide” che assicurino l’assenza di incentivi all’uso abusivo dei sistemi di ricorso collettivo. Per i ricorsi collettivi europei la Commissione non esclude il finanziamento della causa da parte di terzi ma propone di prevedere condizioni, in particolare attinenti alla trasparenza, “per garantire che non si verifichi alcun conflitto d’interessi”.
Viviane Reding, commissario europeo per la Giustizia, mette in chiaro che gli Stati membri hanno tradizioni giuridiche molto diverse in materia di ricorsi collettivi, e “la Commissione intende rispettarle”. Per cui la raccomandazione di oggi “mira ad apportare maggiore coerenza laddove è in gioco il diritto dell’Unione”. Per Reding, dunque, la raccomandazione “rappresenta un approccio equilibrato per migliorare l’accesso alla giustizia dei cittadini senza dover ricorrere ad un sistema sul modello statunitense delle “class action”. Soddisfatto anche il commissario europeo per la Concorrenza, Joaquin Almunia. “Quando sono vittime di violazioni delle norme di concorrenza, i cittadini e le imprese, specie le Pmi, si trovano spesso dinanzi a grossi ostacoli per ottenere un effettivo risarcimento. Questa raccomandazione è quindi un utile complemento, che manda un messaggio chiaro agli Stati membri”. Oggi, chiosa il responsabile per la Tutela dei consumatori, Tonio Borg, “abbiamo invitato tutti gli stati membri dell’Ue a mettere a disposizione dei consumatori europei gli strumenti per far valere i loro diritti ed ottenere il risarcimento per i danni subiti a causa di violazioni del diritto dell’Unione”.