In questi giorni in tutta Europa tante persone (alcune decine di migliaia) stanno sostenendo i test di ammissione ad uno dei periodici e diversi concorsi banditi dalla Commissione, e dalle altre istituzioni europee per selezionare il personale che, nel giro di qualche anno, sarà assunto (in qualche decina di posti di lavoro).
La posta in gioco è alta. Per quanto un poco contenuti per via della crisi, i salari restano sempre molto buoni, alle volte eccezionalmente alti per pubblici funzionari del Sud o dell’Est Europa. Un po’ meno competitivi si dice siano per quelli del Nord, ma si tratta comunque di ottimi posti di lavoro.
La prima selezione, quella per le decine di miglia di persone, è fatta attraverso dei quiz. Ti fanno vedere una serie di linee sghembe e poi ti chiedono quale dovrebbe essere l’ordine nella sesta figura di linee sghembe; ti fanno fare calcoli matematici basati su testi a tranello, dove non solo è complicata l’operazione, ma anche la domanda tende a non farti capire che vuol sapere; ti chiedono di dimostrare di saper comprendere un testo attraverso alcune risposte a scelta multipla. Non siamo ai fagioli della Carrà (si doveva indovinarne il numero in un vaso) ma poco ci manca. Son tutte cose di questo genere, che servono a selezionare il grosso per arrivare dalla decine di migliaia alle centinaia. Fin qui non conta quel che sai fare, quel che hai studiato nella tua vita, ma solo se sai fare quelle cose che servono a ridurre una cifra da 1.000 a 10, o a 1.
Si arriva al paradosso che quello che hai studiato nella tua formazione scolastica e universitaria non serve, ma che anche la misura di quel che sai fare è presa su una metro del tutto inutile. Se io studio Manzoni e ad un esame di concorso prendo 8 e dunque passa quello che ha preso 9 (ma anche se prendo 5 e non passo l’esame a scuola) saprò sempre qualcosa di più di quando non avevo ancora studiato Manzoni. Se invece passo o non passo la selezione comunque quel che ho studiato non servirà mai a nulla, perché non c’è una regola di linee sghembe o di serie numeriche che applicherò nel mio successivo lavoro o nel successivo apprendimento. Studierò mesi, mi sacrificherò mesi, mi eserciterò mesi a fare una cosa che non mi insegna nulla (se non se stessa nello specifico) e non mi servirà mai a nulla.
Da questo trarre che per l’Ue lo studio è inutile sarebbe davvero una provocazione sciocca, ma una riflessione sulle capacità vere dei futuri funzionari e il modo di misurarle andrebbe fatta. Almeno per non far buttare mesi di fatica a chi non si qualifica!