Il gruppo S&D si interroga sulla dimensione sociale dell’Ue: “Mettere in campo azioni concrete”
Berès: “La disoccupazione giovanile non sia pretesto per non pensare anche ad altri problemi”
Non può esserci una politica comune, un’unione finanziaria, senza una politica sociale comune. Con queste parole si è aperta la conferenza dei Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo sulla “Dimensione sociale dell’Unione Monetaria Europea”. All’interno dell’Ue tante sono le disuguaglianze tra i Paesi centrali e quelli periferici riguardo alla assistenza sanitaria, alle pensioni, al lavoro, ai servizi, agli ammortizzatori. La disoccupazione giovanile è certamente una delle questioni prioritarie ma tanti sono i problemi che dovrebbero essere affrontati nel prossimo Consiglio Europeo di fine giugno.
Hannes Swoboda, presidente del Gruppo dei Socialisti e Democratici, intervenendo al dibattito ha ribadito: “Se vogliamo salvare l’Europa e tornare ad essere competitivi sul mercato, dobbiamo capire che non è riducendo i salari e tagliando servizi sociali che staremo al passo con lo sviluppo della Cina e dell’India”. “Dobbiamo insistere – ha proseguito Swoboda – affinché la dimensione sociale sia un elemento centrale dell’Unione europea, noi socialisti ne parliamo da tanto tempo ora anche i governi conservatori iniziano a parlarne, ma servono azioni concrete”.
L’Ue ha già programmato uno stanziamento di 6 miliardi di fondi europei per la ‘Garanzia Giovani’. Si tratta ancora di risorse limitate rispetto all’entità del problema, ma sarà il primo passo. Questi soldi dovrebbero servire ad aiutare i giovani, fino ai 25 anni, ad avere diritto a uno stage o a un periodo di formazione di qualità entro i primi 4 mesi dalla laurea. Occorrerà, comunque, monitorare perché queste risorse vengano effettivamente spese in maniera efficiente. È sempre più urgente cercare di dare una possibilità ai ragazzi che permetta loro di costruire un futuro anche nel proprio Paese, di poter aprire attività, fare impresa e avere ammortizzatori sociali. Andare all’estero non deve essere una scelta obbligata. La continua spinta alla mobilità rischia di rivelarsi un costo eccessivo per i Paesi d’origine se i giovani una volta formati, emigrano tornando poi a carico del sistema pensionistico del proprio Paese.
Pervenche Berès , eurodeputata S&D, ha affermato: “Non ci sarà soluzione alla crisi se non ci sarà una politica sociale concreta ed è importante che la disoccupazione giovanile non sia usata come pretesto per non pensare anche al resto dei problemi”. Una delle priorità, a detta di tutti i partecipanti al dibattito, è la creazione di un modello europeo di ammortizzatori sociali, sussidi di disoccupazione, reddito minimo garantito, assistenza sociale, incentivi, per i giovani, in modo da eliminare quelli che, oltre ad essere squilibri economici tra i Paesi membri, sono anche squilibri sociali.
Nonostante la debolezza e la crisi del mercato europeo nuovi Paesi chiedono di entrar a far parte dell’Unione Europea e Laszlò Andor, commissario Ue per il Lavoro e le Politiche Sociali, ha ribadito che è proprio con l’entrata di altri Stati che l’Europa deve impegnarsi di più nel sociale: “La mancanza di posti di lavoro per i giovani e le disuguaglianze minano la coesione, le istituzioni sono delegittimate e questo porta ad una instabilità politica a livello nazionale ed europeo”.
In alcune regioni europee misure contro la disoccupazione giovanile si stanno già concretizzando. In Toscana è appena nato il progetto “I giovani sì”: garantisce agevolazioni per l’affitto, stage o formazione di qualità, finanziamenti per aprire attività e imprese, borse di studio, fondi per partecipare al servizio civile. Per ogni tirocinio è previsto un minimo compenso di 450 euro mensili, di cui 300 finanziati dalla Regione. Secondo i dati in un anno sono stati 5.000 i giovani tirocinanti, il 35% , al termine dello stage, ha ottenuto un lavoro, 881 giovani hanno ricevuto 50.000 euro di fondi e avviato nuove imprese. Tra il 2013 e il 2014 l’impegno della Toscana è riuscire a sostenere10.000 stage all’anno.
Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, ha dichiarato: “Sono iniziative parziali mentre per dare una prospettiva diversa occorrono un cambiamento nelle politiche del rigore e più investimenti pubblici e privati. La Youth Guarantee è un passo avanti per il futuro dei giovani”.
Ma se non migliorano le condizioni di lavoro e le politiche sociali dell’Ue, il sostegno dei sindacati europei è a rischio. Molto chiaro in questo senso il messaggio di Bernadette Segol, segretaria generale della Confederazione dei sindacati europei: “L’austerità ha fallito. Si devono affrontare povertà, iniquità, precariato; dobbiamo cambiare rotta per costruire una vera unione sociale, altrimenti anche l’appoggio della Ces potrebbe esser in dubbio, dobbiamo lottare insieme”.
Irene Giuntella