Credo sia più o meno da un anno che voglio scrivere di questo argomento, ma ancora non l’ho fatto perché a me, questo argomento, mi sembra un argomento delicato.
Di quelle donne islamiche, suppongo islamiche, che tengono il telefono cellulare tranquillamente incastonato nell’orecchio e tenuto ben schiacciato dal velo, ne vogliamo parlare?
Il velo più generico, quello che non copre il viso ma solo capo, nuca e collo, credo si chiami hijab, correggetemi se sbaglio perché non sono un esperto.
Il Grande Dizionario Italiano Hoepli definisce la parola “hijab” Velo femminile della tradizione islamica, che si annoda sotto il mento, lasciando libero l’ovale del volto.
E pace, ce ne faremo una ragione.
Ma non è del velo che voglio scrivere, voglio scrivere di queste donne col telefono cellulare incastonato nell’orecchio e tenuto ben schiacciato dal velo, che parlano per delle mezze ore.
Qualcuno l’ha detto, a queste signore, che l’OMS ha classificato i telefoni cellulari come “possibly carcinogenic to humans”?
Qualcuno l’ha detto a queste signore, che nel 2011 uno studio dell’International Agency for Research on Cancer, dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha indicato che l’uso dei telefoni cellulari può aumentare il rischio di glioma, un tipo di tumore cerebrale maligno?
Qualcuno l’ha detto a queste donne, che nelle istruzioni dei telefoni cellulari c’è scritto che non si sa ancora se il cellulare faccia venire il cancro al cervello o meno, ma nel dubbio, dicono le istruzioni, tenetelo a qualche centimetro di distanza dalla vostra scatola cranica, e cercate di non usarlo troppo.
Ora, io sono il primo a usare molto il cellulare. Cerco di usare l’auricolare o il viva voce, ma non è sempre possibile. E poi sì, quando non sento, me lo schiaccio dentro l’orecchio con tutta la forza che ho.
Detto questo, francamente, non mi sarebbe mai venuto in mente di fasciarmi per bene il cellulare contro la tempia con la sciarpa, e stare al telefono da Schaerbeek a Ixelles all’ora di punta.
La prima volta che ho visto questa cosa sono rimasto sconvolto.
Stavo per andare a parlare con questa signora per dissuaderla, poi mi sono detto Ma cosa vai a dire, che è una questione delicata, c’ha il bambino in una mano, la spesa nell’altra, e spinge il passeggino coi piedi, e poi c’è la questione della lingua, e poi c’è la questione del velo, insomma è una questione anche culturale, lascia perdere.
Poi ne ho vista un’altra e un’altra ancora, e ogni volta ogni volta mi viene voglia di andare a parlarci, con queste signore, perché il dubbio, francamente, è che non siano al corrente del fatto che il cellulare faccia male. O quantomeno che sia probabile che faccia male, e allora nel dubbio, va bene telefonare, ma magari senza incastonarsi il cellulare nel padiglione auricolare fasciandolo con l’hijab per delle mezze ore.
Insomma io non mi sento in diritto, da privato cittadino italiano di sesso maschile, appena arrivato a Bruxelles, con i miei 37 anni di ateismo sulla testa, io non mi sento in diritto di andare da una signora cinquantenne che non conosco, evidentemente di altra provenienza, cultura, lingua e costumi, e dirle che secondo me non dovrebbe tenere il cellulare in quel modo.
Ma lancio questo sasso, se c’è qualcuno tra di voi che si occupa di integrazione, informazione, salute, istruzione, diritti delle donne o quant’altro, ecco, io in qualche modo, due paroline a riguardo le direi.
Così, nel dubbio.
Ru Catania