Il Paese membro, anche in caso di difesa della sicurezza nazionale, deve poter garantire il contraddittorio e la difesa
Nonostante Schengen uno stato membro dell’Ue può rifiutare l’ingresso di un cittadino di un altro paese dell’Unione europea, purchè venga fornita al diretto interessatto una motivazione del divieto di accesso. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea in una sentenza emessa oggi relativa a un caso di un cittadino francese nei confronti del quale la Gran Bretagna ha emesso una decisione di divieto di ingresso in territorio britannico. Al cittadino francese (di cui si nascondono le generalità per difenderne la privacy), sposato con una britannica e già residente nel Regno Unito, è stata presentata una motivazione “secretata”, vale a dire coperta da segreto. All’uomo sono state fornire solo poche e generiche spiegazioni, e l’interessato ha avviato il procedimento legale.
Oggi la Corte di giustizia europea ha stabilito che la decisione di diniego di ingresso dev’essere notificata all’interessato “per iscritto e in condizioni che gli consentano di comprenderne il contenuto e le conseguenze”. Inoltre, devono essere resi noti all’interessato “i motivi circostanziati completi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza che costituiscono il fondamento di una tale decisione, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato”. In altre parole, la motivazione di un divieto d’ingresso per un cittadino comunitario in uno stato membro dell’Ue diverso dal proprio dev’essere comunicata all’interessato. Tuttavia, uno Stato membro può rifiutarsi, nei limiti dello stretto necessario, di comunicare all’interessato la motivazione la cui divulgazione potrebbe compromettere la sicurezza dello Stato. La Corte di Lussemburgo stabilisce che in quest’ultimo caso “l’autorità nazionale competente deve fornire la prova che la sicurezza dello Stato possa essere effettivamente compromessa dalla comunicazione della motivazione circostanziata e completa all’interessato”. La Corte di giustizia europea fa comunque salvo il principio del contraddittorio. Anche qualora lo stato dimostri che sussistono motivi di sicurezza nazionale per non fornire spiegazioni su una decisione di non accoglienza sul proprio suolo di un cittadino europeo, bisogna “consentire all’interessato di contestare la motivazione sulla quale è fondata la decisione, nonché di presentare osservazioni riguardo agli elementi di prova ad essa pertinenti e, pertanto, di difendersi effettivamente”.
Ezio Baldari