Oltre cento associazioni hanno dato vita, con il sostegno della Commissione, a una nuova piattaforma per lottare contro lo sfruttamento e assistere le vittime. Malmstrom: “Cruciale il ruolo della società civile”
Lottare contro il traffico di esseri umani, difendere i diritti delle donne, dei minori e dei migranti. Con questi importanti obiettivi, una nuova Piattaforma della società civile, sostenuta dalla Commissione Europea, riunirà più di 100 organizzazioni per condividere le esperienze dei diversi Stati membri contro la tratta degli esseri umani.
A livello europeo esiste già una direttiva che prevede interventi per la prevenzione di questi reati e forme di sostegno alle vittime nel corso dei procedimenti penali. Fino ad ora, però, solo 9 Paesi hanno applicato questa direttiva: Repubblica Ceca, Svezia, Estonia, Lituania, Lettonia, Ungheria, Polonia, Romania e Finlandia. Belgio, Bulgaria, Slovenia e Regno Unito l’hanno solo parzialmente applicata.
Il numero delle vittime è in continua crescita e secondo Cecilia Malmström, Commissaria europea per gli Affari interni, “cruciale è il ruolo della società civile nella prevenzione” di questi reati. Urgono quindi “politiche concrete” che possono nascere anche dal confronto delle esperienze dei volontari e dei professionisti che lavorano sul territorio contro la tratta degli esseri umani. “Grazie alla Piattaforma, queste organizzazioni riceveranno il necessario sostegno, sia dall’Unione europea, sia le une dalle altre e potranno diffondere le proprie esperienze in tutta Europa” ha spiegato Malstrom, presentando il nuovo strumento.
I dati sono preoccupanti: nel 2010 le vittime totali sono state 9.528, nel periodo 2008-2010 sono state 23.632. La ragione del traffico di esseri umani è soprattutto lo sfruttamento sessuale (62% dei casi) ma c’è anche chi viene costretto al lavoro forzato (25%) o chi è venduto per altre ragioni (14%) tra cui l’espianto di organi o l’accattonaggio.
Le donne rappresentano il 68% delle vittime. L’Italia è uno dei Paesi in cui il problema è più grave con 2.381 casi di sfruttamento accertati. Per lo più sono donne di nazionalità bulgara, romena, cinese, africana, e latino americana. Spesso vengono attirate da conoscenti o parenti con false promesse di lavori ben pagati. Ma sempre più spesso i nuovi schiavisti si servono di internet per adescare le proprie vittime che vengono avviate alla prostituzione ma anche al lavoro domestico, sfruttate nei lavori agricoli così come nell’edilizia.
Durante il primo incontro della nuova piattaforma per combattere contro questo fenomeno è stata aperta una riflessione sulle priorità politiche e le attività da mettere in campo, tra cui campagne di sensibilizzazione e coinvolgimento delle organizzazioni presenti in Paesi terzi. Un lavoro che la Piattaforma continuerà a portare avanti con incontri periodici tra le varie organizzazioni della società civile. La seconda riunione è prevista in autunno.
Irene Giuntella
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