La città, con tutto il Nord-Est, si candida a Capitale europea della cultura 2019. Il presidente del comitato: Mettere insieme università, musei ed esperti d’arte per estrarre tecnologie innovative
Innocenzo Cipolletta, è certamente uno dei manager più noti ed esperti in Italia. Ha puntato in alto il Veneto nello scegliere il presidente della candidatura di Venezia e il Nord-Est a Capitale europea della cultura per il 2019. D’altra parte quel che si vuol vendere è uno dei più alti concentarti di arte e cultura del Mondo intero.
Perché Venezia e il Nord Est si candidano a capitale europea della cultura 2019?
Il motivo principale è la riconversione culturale di un territorio che proviene da un periodo di forte sviluppo economico negli anno ’70 e ’80, e che fu definito dal termine “Nord-Est”. Questo fenomeno fu dovuto alla forte cultura artigiana diffusa su tutto il territorio. Ora che questo processo si è concluso, per diversi motivi soprattutto internazionali, noi pensiamo che la cultura possa diventare il motore di un nuovo sviluppo. Investire nella cultura per una nuova stagione di crescita e rilanciare dunque il territorio su una base culturale. Ciò non significa abbandonare l’industria per dedicarsi alla cultura, ma significa che è proprio la cultura la base per creare le industrie di domani.
Stiamo infatti pensando a ipotesi diverse. Ci stiamo dedicando alla questione di come le nuove tecnologie possano contribuire alla conservazione dell’arte contemporanea che ha ripensato i supporti tradizionali utilizzando nuovi materiali a partire dalla plastica per arrivare ai prodotti industriali e tecnologici “riciclati” in opere d’arte. Oggi ci si pone il problema della loro conservazione. L’Italia eccelle nel restauro e nella conservazione dell’arte antica. Ma l’arte contemporanea presuppone tecnologie diverse. E dunque il nostro progetto è quello di mettere insieme università, musei ed esperti d’arte per cercare di estrarre tecnologie innovative che servano alla conservazione dell’arte contemporanea. Lo sviluppo di queste tecnologie può far nascere imprese che possono applicare le loro conoscenze anche in altri settori. Dunque, l’unione tra cultura ed economia ci è sembrata l’idea principale per portare avanti questa candidatura.
La dimensione del consorzio che sostiene questa candidatura è impressionante, segno di un progetto molto ambizioso che comprende tutto il Nord Est, oltre a Venezia, il Veneto e le Provincie di Trento e Bolzano e poi Trieste. Quali sono i benefici per un territorio così vasto e quale è la dimensione economica di un progetto così articolato?
Il nostro progetto con la sua dimensione è in effetti originale. La candidatura di Venezia da sola come città europea della cultura sarebbe stata forse banale e poco sensata. Venezia è la città della cultura del mondo, non solo d’Europa. La candidatura della sola Venezia non avrebbe aggiunto nulla alla notorietà della città. La candidatura di Venezia insieme al Nord-Est vuol dire, invece, rispettare la sua storia. Infatti, fatte piccole eccezioni, storicamente Venezia si estendeva fino a Rovereto. Tracce della cultura veneziana si ritrovano a Bergamo e a Trieste.
Tutto questo territorio è dunque imbevuto di cultura veneziana, per questo abbiamo voluto parlare di Venezia e Nord-Est. Lo scopo di questa operazione è anche quello di riformare i servizi culturali che sono separati e distinti da provincia a provincia. Tra le altre ricadute del nostro progetto, vorremmo poter costruire un’infrastruttura soft, ossia rivedere i sistemi di gestione dei beni culturali su tutto il territorio. In modo che l’offerta sia sistemica. Un turista che voglia venire a vedere Palladio si deve spostare tra comuni e province diverse sullo stesso territorio. La nostra sfida invece è quella di riuscire a unire province e amministrazioni diverse. Noi stessi abbiamo avuto difficoltà nel trovare i necessari consensi per la candidatura. Superare i confini amministrativi che oggi rappresentano un limite allo sviluppo e alla fruizione dei beni culturali sarebbe una grande vittoria e un enorme passo in avanti per la cultura.
C’è il rischio che un progetto così ampio risulti poco comprensibile alle Istituzioni Europee, che ragionano in termini di capitale cioè città della cultura?
Noi siamo consapevoli dell’originalità e quindi anche della provocazione della nostra proposta. Però questo territorio o decideva – legittimamente – di candidarsi con due o tre città, oppure candidare Venezia da sola non avrebbe avuto senso. Venezia è già città simbolo della cultura ed è un supporto. Piuttosto è la complessità del Nord-Est che vogliamo offrire come identificazione di una cultura che ha prodotto uno sviluppo economico molto forte, non solo in Italia ma anche in Europa e che oggi è una delle regioni più ricche e vivaci del nostro paese. Pensiamo che si debba investire nella cultura per fare quel salto necessario, perché i successi non continuano per sempre, bisogna rinnovarli.
Qual è il filo rosso comune che tiene insieme questa candidatura?
L’economia e il rapporto tra la cultura e l’economia tiene unite le provincie di questo vasto territorio. Le provincie sono unite da un processo economico abbastanza simile; il parallelo processo culturale però ad un certo punto si è interrotto. Un tempo i veneziani andavano a prendere il legname nel Trentino. Le prime filature e tessiture erano vicino alle montagne perché c’era l’energia dell’acqua, ossia il tessuto culturale del passato era anche un tessuto economico. Oggi il tessuto economico in qualche misura c’è perché le piccole imprese del Nord Est si sono aggregate. Il tessuto culturale è purtroppo venuto meno e noi vorremmo ricostruirlo.
Questa candidatura a un certo punto è stata messa in forse… è difficile come presidente del comitato tenere insieme realtà diverse?
E’ molto difficile. Ci sono sensibilità e interessi locali molto vari. Un territorio composto da più amministrazioni subisce a volte le pulsioni o gli arretramenti di specifici eventi. Ma dopo le debite riflessioni i soci fondatori hanno ribadito la volontà di portare avanti la candidatura.
Questa candidatura è considerata una priorità dai cittadini? C’è partecipazione?
Devo dire di sì e la prova l’ho avuta anche nella fase in cui ci siamo fermati, perché abbiamo ricevuto molti stimoli, da più parti, a continuare. E’ evidente che un progetto ben definito può trovare il consenso di tutti in un piccolo centro. Ma nel caso di un vasto territorio come il nostro non è realistico pretendere che quasi otto milioni di abitanti convergano immediatamente su questa candidatura. Ma oggi possiamo dire che c’è una disponibilità forte da parte delle amministrazioni, delle autorità, a far diventare questa candidatura anche un’esigenza popolare.
Se non doveste vincere il titolo di capitale europea della cultura 2019, vi impegnate a portare avanti ugualmente qualche progetto importante per il territorio?
Si, io mi sono anche fatto promotore presso il Ministero dei Beni Culturali, perché non vadano dispersi tutti gli sforzi anche delle altre città che si candidano. Io ho proposto al ministero dei beni culturali di decretare il 2019 l’anno italiano della cultura in modo tale che tutti i progetti delle città candidate possano avere un piccolo sostegno per andare avanti oltre al riconoscimento nazionale. Questa iniziativa ha messo in evidenza una grande capacità progettuale del paese che sarebbe davvero un peccato perdere.
Avete dei finanziamenti a lungo termine su cui contate?
Noi cerchiamo di lavorare con meno soldi possibile, perché la situazione attuale non è facile. Siamo favoriti perché siamo un territorio vasto che ha già dei progetti e delle attività. Ci piacerebbe avere delle belle infrastrutture, ma queste non faranno parte del progetto e non dipende da noi. I finanziamenti a lungo termine riguarderanno soprattutto gli eventi che non progetti infrastrutturali che sono certamente più pesanti in termini di finanza.
Chiara Celluprica