La crisi economica sta colpendo anche la diplomazia europea. Ma, cogliendone le opportunità che pur ci sono, questa situazione potrebbe creare delle opportunità perché gli stati membri lavorino meglio insieme. I paesi Ue hanno complessivamente 87.004 diplomatici al lavoro nelle capitali e nelle 3.223 rappresentanze nel mondo, per un costo totale di 9.475,8 milioni di euro. Tutti i paesi eccetto la Germania stanno facendo tagli ai loro bilanci per le attività diplomatiche. L’Italia, ad esempio, ha ridotto il proprio bilancio amministrativo da 991 milioni nel 2010 a 919 nel 2012. Questo costringe i ministeri a ristrutturare l’organizzazione della propria diplomazia tagliando lo staff e riducendo il numero di rappresentanze all’estero (per tutti i dati sulle diplomazie europee, leggi lo studio condotto dall’European policy centre).
Le pressioni di bilancio sui ministeri degli Affari esteri stanno costringendo gli stati membri a osservare meglio qualcosa che hanno creato con il Trattato di Lisbona: il Servizio europeo di azione esterna (Seae). Con uno staff di 3.346 funzionari, 141 Delegazioni nel mondo, un bilancio amministrativo di 489 milioni di euro e un bilancio per la politica estera di 58.7 miliardi per il periodo 2014-2020 (gestito insieme alla Commissione), il Seae è il protagonista Ue per la politica estera.
Fino ad oggi gli stati membri sono stati sospettosi e hanno preferito aspettare prima di sostenere o meno il Seae e il suo capo, Catherine Ashton. Se questi dovessero ‘funzionare’ allora le capitali europee potrebbero prendere sul serio anche la politica estera Europa. L’austerity sta costringendo gli stati membri a vedere il Seae anche come opportunità. Tagli recenti al Ministero degli esteri spagnolo hanno dimezzato il suo bilancio portando alla chiusura, ad oggi, di tre consolati. Non sorprende quindi che Madrid abbia chiesto al Seae di ospitare i suoi diplomatici nelle Delegazioni Ue o di dividere le sedi delle ambasciate con quelle dell’Ue, come è stato fatto in Yemen. Una scelta che permette risparmi sostanziali su affitto, servizi di sicurezza, costi organizzativi e logistici, come sanno bene i paesi nordici che in alcune sedi già condividono gli edifici.
Alcuni paesi stanno già chiedendo al Servizio di esplorare altre opzioni per fare risparmi a livello nazionale, come nel settore dei servizi consolari, un terreno particolarmente sensibile da un punto di vista politico e complicate dal punto di vista pratico. Per i paesi membri più piccoli le Delegazioni Ue possono essere l’unica antenna nel mondo. Ci sono solo 8 paesi in cui 25 paesi membri hanno una rappresentanza. In tutti gli altri, il Seae ha qualcosa da offrire. Persino l’euroscettica Gran Bretagna trova il network Ue utile.
Chi, come me, segue la politica estera europea è delusa che questa diventi interessante solo come conseguenza dell’austerity. Però è anche un’occasione per ripensare le strutture e le capacità della politica estera europea. Gli stati membri non possono continuare ad ignorare il fatto che c’è un percorso di revisione del Seae a cui le capitali europee potrebbero contribuire. I ministri degli Esteri hanno discusso possibili miglioramenti del Servizio nel marzo scorso a Dublino. Il Parlamento europeo si sta muovendo. I co-relatori Elmar Brok e Roberto Gualtieri hanno presentato la bozza di proposta per migliorare il Servizio che verrà approvata nella sessione plenaria di giugno.
Il gabinetto di Catherine Ashton sta lavorando ad alcune proposte. I preparativi sono segreti, ma è probabile che le proposte saranno limitate, argomentando che il prossimo Alto Rappresentante dovrà avere la libertà di cambiare le strutture interne quando verrà nominato/a nel 2014. Questa argomentazione ha punti di validità, ma perché la politica estera europea funzioni bisogna avere la piena collaborazione degli stati membri. Ci sono questioni strutturali che potrebbero essere migliorate e i ministri hanno l’occasione di fare di necessità virtù proponendo una diplomazia europe ‘intelligente’ (“smart”). Prendendo in prestito dal linguaggio degli esperti della difesa, ci sono opportunità di ‘pooling and sharing’ perché gli stati risparmino.
Il Servizio ha bisogno del sostegno dei paesi membri e di lavorare insieme alla Commissione. Il Seae è già snello, ma ha un buon mix di diplomatici e funzionari Ue con competenze e esperienze variate che può migliorare ulteriormente semplificando le gerarchie, migliorando la comunicazione tra Bruxelles, le capitali europee e le Delegazioni. Il Seae deve anche diventare più flessibile e capace di rispondere rapidamente agli eventi che accadono nel mondo, e per farlo deve investire sulle sue Delegazioni, la punta di diamante del Servizio.
Nel 2013 l’Ue può aggiustare la sua macchina per la politica estera. Esperti e think tanks hanno fatto proposte su come migliorare questo nuovo Servizio, ed è evidente anche un maggior interesse da parte dei cittadini europei nella politica internazionale e il ruolo dell’Europa. Le scadenze si avvicinano ed è ora che gli stati membri si assumano la responsibilità di garantire che l’Europa sia attrezzata con una diplomazia per il XXI secolo.
Rosa Balfour