Il primo ministro di Tripoli chiede che si rafforzi la cooperazione e assicura l’impegno per il rispetto dei diritti umani. Barroso: “Pronti a sostenere le elezioni per l’Assemblea costituente”. L’Ue ha inviato 95 milioni di euro di aiuti e ora darà il via a una missione per il controllo dei confini
Come a doversi giustificare lo premette quasi ad ogni frase: “Siamo un Paese che esce da una rivoluzione”. È la prima visita ufficiale a Bruxelles e il primo ministro della Libia, Ali Zeidan, cerca in tutti i modi di fare capire ad ogni interlocutore europeo quanto sia difficile il momento che il Paese sta affrontando. “Non c’è ombra di dubbio che il regime dittatoriale abbia lasciato delle tracce difficili da cancellare – ammette – ed è necessario mettere in atto un programma per minimizzare le ripercussioni di questo lungo regime”. Ma se la strada è lunga la volontà non manca. Ricevuto prima dal Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e poi da quello della Commissione, Josè Mauel Barroso, il premier libico ribadisce il suo impegno verso la pace e la stabilità dell’area e verso una transizione democratica: presto, conferma il primo ministro di Tripoli, saranno indette le elezioni per l’Assemblea costituente. Un processo che l’Ue è pronta a sostenere: “è un passo cruciale” sottolinea Barroso, spiegando che sono già stati presi i contatti per “assistere questo processo”.
Ma il percorso per la Libia sarà lungo e per questo serve l’appoggio dei partner europei. Zeidan ringrazia le istituzioni comunitarie per il “sostegno decisivo” offerto alla nazione sin dall’inizio della rivoluzione nel 2011 e auspica che l’incontro di oggi serva a “rafforzare la cooperazione”. Ad oggi l’Ue ha inviato in Libia aiuti per 95 milioni di euro e ha appena deciso, ricorda il presidente Barroso, una “missione per le frontiere della Libia che punta a rafforzare la capacità del Paese di gestire i propri confini”. Un tema molto sentito dal premier libico che assicura: “Quando avremo le risorse finanziarie porremo fine a questo fenomeno. Naturalmente rispetteremo gli standard dei diritti umani ma non lasceremo che il nostro Paese sia terra franca per l’immigrazione illegale”.
Ma le preoccupazioni sono anche altre. Prima tra tutte il terrorismo: “Gheddafi lo esportava e sosteneva. La nuova Libia non lo tollera”, afferma il primo ministro davanti al presidente del Consiglio europeo. “Chi fa terrorismo sono i figli di Gheddafi e i salafiti” aggiunge, chiedendo “agli amici del Niger” di favorire l’estradizione dei figli del rais e i membri del vecchio regime perché siano “giudicati in Libia”. C’è poi il tema sicurezza, visti anche i recenti episodi di violenza, come l’attacco all’ambasciata francese in Aprile. Saranno affrontati rafforzando l’esercito e le forze di sicurezza nazionali, spiega Zeidan che assicura: “Sono state prese misure molto forti per la supervisione di tutte le cancellerie e le ambasciate straniere”.
Delle sfide del Paese il primo ministro libico ha discusso oggi anche con gli eurodeputati della Commissione Affari esteri, preoccupati per la sicurezza, la buona riuscita del cammino democratico e il rispetto dei diritti fondamentali. Zeidan ha presentato il Paese di oggi come “la Libia democratica, la Libia dei diritti umani, la Libia dello stato di diritto e del percorso democratico. Uno Stato – ha aggiunto – che vuole essere un partner delle nazioni del mondo in pieno spirito di cooperazione per il bene dell’uomo e della sua dignità”.
Il premier ha assicurato che nella costruzione del nuovo Stato saranno garantiti i diritti delle minoranze e delle donne che “hanno giocato un ruolo importante nella rivoluzione” e il cui posto nel congresso nazionale è stato ben consacrato con il 31% di presenze. Zeidan ha anche detto di auspicare che venga presto eliminato l’embargo, così da poter dotare l’esercito di moderne armi per fare fronte a chi minaccia i diritti dei cittadini. “Siamo sicuri che il cammino è lungo – ha concluso – ma siamo pronti ad affrontarlo”.
Letizia Pascale