Mi piace l’olio d’oliva e adoro quello buono. Ma perché, dico perché, il divieto delle oliere anomime nei ristoranti e il successivo U-turn della Commissione è stata la principale notizia da Bruxelles questa settimana? Qualcuno ha notato che c’è stato anche un summit europeo? Sì, magari qualcuno ci ha fatto caso, ma certo tutti conoscono la storia delle brocche di olio d’oliva.
Questo mi ha fatto pensare. Spesso mi lamento della cattiva comunicazione delle istituzioni Europee. Ma c’è dell’altro. Mi sono resa conto che ci sono tre sindromi di cui da ora in poi dovrò tenere conto mentre cerco un modo per (ri)avvicinare l’Unione europea ai suoi cittadini. E dovrò anche stare attenta a ricordarmi che molti, qui a Bruxelles e nelle capitali europee, soffrono in forma molto grave di queste sindromi, e non necessariamente lavorano per DG Communications.
1) La sindrome della forma dei cetrioli: a volte il problema non è come l’UE comunica le sue decisioni, ma le decisioni stesse. La Commissione si occupa di svariati soggetti e l’agricoltura è uno di quelli (sigh) più importanti. Ma diciamo che, specialmente nell’attuale situazione economica, ci sono alcune cose di cui l’UE non dovrebbe occuparsi. E le oliere nei ristoranti è una di quelle. E questo a prescindere dal fatto che i paesi membri che hanno già una tale legislazione in vigore hanno serie difficoltà (mi domando perché?) ad attuarla. Lasciamo, per favore, che sia il consumatore o frequentatore del ristorante a decidere?
2) La sindrome del ‘come fai, sbagli’: il fatto che, dopo le innumerevoli critiche, il Commissario Ciolos abbia deciso di ritirare la proposta, è stato criticato tanto quanto la proposta stessa. Se pensi che una cosa vada fatta, abbi la forza di difenderla dalle critiche; ma se cambi idea ed hai il coraggio di dirlo apertamente – perché in effetti è un po’ imbarazzante cambiare idea in questo modo – allora preparati ad essere criticato lo stesso. Durante la conferenza stampa, siccome la maggior parte delle domande erano critiche indirette alla proposta iniziale, il Commissario, dopo aver annunciato il suo U-turn, ha passato più tempo a difendere la proposta originale che non a spiegare perché avesse cambiato idea. Situazione paradossale.
Ecco l’attanagliante conferenza stampa:
3) La sindrome delle lobby potentissime: tipico cast Brussellese: la lobby dei produttori di olio di oliva contro quella dei produttori di burro; la lobby ‘nordista’ contro la lobby ‘sudista’, la lobby della qualità contro la lobby della quantità; ‘la lobby de ‘La Commissione è troppo debole di fronte alle grandi industrie’ contro la lobby de ‘La Commissione è troppo debole di fronte ai potenti stati membri ‘. Non potrebbe essere semplicemente essere che la Commissione ha fatto un errore, se ne è resa conto (vabbè, dopo pressioni esterne) ed ha agito di conseguenza (vabbè ancora, un po’ troppo tardi)? Non fraintendetemi: non sto dicendo che le lobby a Bruxelles non siano potenti, sto solo sottolineando il fatto che ciascuno ha la sua ‘lobby diabolica’ a cui dare la colpa di questo o di quello.
La Commissione, gli Stati membri – a favore o contro la proposta – ed i media europei si sono tutti comportati in modo tipico, ma francamente deludente: non uno di loro che abbia effettivamente spiegato correttamente quello che è successo: in primis, come è venuta l’idea? È veramente un problema serio? Perché paesi membri, come per esempio il Regno Unito, hanno deciso prima di astenersi e poi si sono scagliati contro solo per compiacere il loro pubblico euro-scettico? Perché Cameron ha deciso di non spiegare il motivo di questo strano comportamento, domanda che si è posto brillantemente anche il giornalista del Wall Street Journal Simon Nixon? Perché i media ne hanno parlato così tanto, ma in maniera non particolarmente rigorosa? Purtroppo, tutti si sono comportati come da copione, ostinandosi a sostenere la loro posizione iniziale, difensiva o offensiva che fosse, cercando di ottenere, senza grandi sforzi, una vittoria.
E alla fine, ancora una volta, i veri perdenti sono i cittadini europei, che amino o meno l’olio d’oliva.