Strasburgo sostiene l’avvio dei negoziati per l’accordo commerciale con gli Stati Uniti ma chiede che siano esclusi i prodotti audiovisivi. Petizione di 80 registi tra cui Almodovar e Loach
dall’inviata Letizia Pascale
Tutelare l’industria culturale europea è più importante dei guadagni che potrebbero derivare dal libero scambio in questo settore. Questo il parere del Parlamento europeo che oggi in plenaria ha votato per chiedere l’esclusione del settore culturale e degli audiovisivi dal nuovo accordo commerciale tra Europa e Stati Uniti. A grande maggioranza gli eurodeputati hanno dato il via libera all’inizio dei negoziati, che cominceranno a giugno, per quello che viene definito come il più grande accordo commerciale del mondo. In una votazione separata hanno però anche approvato (con 381 voti a favore, 191 contrari e 17 astensioni) il paragrafo di una risoluzione comune per escludere dal mandato i servizi audiovisivi. Obiettivo: salvaguardare la diversità culturale e linguistica dei Paesi dell’Ue dalla possibile cannibalizzazione del colosso a stelle e strisce.
A sostenere la posizione adottata oggi da Strasburgo anche quindici Stati membri: Italia, Francia, Germania, Spagna, Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Grecia, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Slovenia. Insieme hanno recentemente scritto una lettera alla Commissione europea proprio per chiedere di applicare la cosiddetta ‘eccezione culturale’. Non solo. Sul tema si è mobilitato anche il mondo del cinema con 80 registi tra cui Michael Haneke, Pedro Almodovar, Mike Leigh, Ken Loach e i fratelli Dardenne, che hanno sottoscritto una petizione inviata a Bruxelles. Su posizioni opposte invece i governi di Gran Bretagna e Olanda convinti della necessità di limitare al massimo ogni eccezione all’applicazione di un accordo commerciale che, secondo le stime della Commissione, potrebbe valere fino allo 0,5% del Pil.
Il tema era stato uno dei punti più dibattuti anche nel corso della discussione di ieri in aula dove il Commissario per il commercio, Karel De Gucht aveva cercato di rassicurare: “La Commissione europea non sarà disponibile a rinunciare a nessuna delle nostre politiche sull’altare di questo negoziato. Ci sono la convenzione dell’Onu e dell’Unesco in particolare per la protezione dell’espressione nel mondo culturale”. Sul servizio audiovisivo De Gucht aveva poi voluto ribadire “quanto già detto dalla Commissaria Vassiliou: gli Stati membri intendono mantenere il sostegno alla propria politica audiovisiva e questo non può essere oggetto di un negoziato”.
Gli eurodeputati preferiscono però non rischiare, e chiedono esplicitamente di tenere fuori dal negoziato i prodotti culturali. “È stata premiata la nostra battaglia” canta vittoria Silvia Costa, esponente S&D e membro della Commissione cultura del Parlamento. “È un risultato – aggiunge – che salva l’industria culturale europea dalla colonizzazione americana” e con cui “abbiamo dato una risposta forte e significativa alle preoccupazioni tutto il mondo della cultura e dell’audiovisivo europeo”.
Eccezione culturale a parte, il Parlamento avvisa di volere essere “immediatamente e pienamente informato” durante tutto il corso delle trattative. “Questa risoluzione dovrebbe essere debitamente presa in considerazione dal Consiglio e dalla Commissione – avvisa il relatore Vital Moreira (S&D) – poiché il Parlamento darà il suo consenso finale solo in caso si sia raggiunto un risultato positivo per le nostre imprese, per i lavoratori e i cittadini”.
I deputati insistono inoltre che siano salvaguardati i principi dell’Ue in particolare su temi come la sicurezza alimentare, inclusi gli organismi geneticamente modificati, i diritti di proprietà intellettuale e la protezione dei dati personali. Le posizioni espresse devono “essere debitamente prese in considerazione” perché, avvisa Moreira, “il Parlamento ha i denti e può mordere”.
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