Secondo la proposta approvata da Strasburgo potranno muoversi in sicurezza in tutta l’Ue compilando un semplice certificato multilingue
Per le donne (o gli uomini) rimaste vittime di stalking, molestie o violenza di genere, il diritto di muoversi liberamente e sentirsi sicure non può terminare dove finiscono i confini geografici del proprio Paese. La protezione accordata da uno Stato membro deve invece essere garantita anche in qualsiasi altro Paese dell’unione. È quando stabilisce un progetto legislativo approvato oggi dal Parlamento europeo riunito in sessione plenaria a Strasburgo.
Le nuove regole, elaborate dalla commissione giuridica e da quella per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, aggiungono la protezione in materia civile alla direttiva che già garantisce il riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia penale. Combinando i due strumenti, le persone a cui è stato concesso un ordine di protezione potranno circolare in condizioni di sicurezza in tutta l’Ue.
A rendere più facile il tutto, un nuovo meccanismo per eliminare le formalità intermedie per le vittime che viaggiano o si trasferiscono da un Paese a un altro: si tratta di un certificato standard multilingue che, con una semplice compilazione, garantirà alla vittima di essere protetta. Ottenerlo sarà facile, spiega Antonio López-Istúriz White (Epp), uno dei due relatori della proposta: “Se la persona protetta non è presente nello Stato d’origine potrà richiedere il certificato online o via fax”. Non solo: “Non dovrà sostenere i costi relativi all’attuazione di questa procedura negli altri Stati membri e per richiederlo non servirà alcun rappresentante legale”.
La proposta prevede anche un’assistenza linguistica per la vittima: “Se non parla la lingua dello Stato – spiega l’altra relatrice, Antonyia Parvanova (Alde) – potrà avere accesso ad un sistema di interpretazione e traduzione”. E ancora, per meglio informare le persone protette sui loro diritti, i relatori chiedono agli Stati di diffondere meglio le informazioni nei loro confronti, di avviare adeguate campagne di sensibilizzazione e di migliorare la raccolta dei dati per rendere più efficiente il meccanismo.
“E’ un passo importante – ha commentato in aula il Commissario europeo all’allargamento, Stefan Fule – perché indipendentemente da dove si trovano tutte le vittime devono essere trattate in modo adeguato, senza discriminazioni”. Ma il lavoro non finisce con l’approvazione della proposta: “Dobbiamo occuparci degli Stati membri – promette Fule – non lasceremo che queste leggi diventino lettera morta, dovranno essere adeguatamente applicate dalle autorità nazionali. Vigileremo per renderle tangibili ed efficaci”.
La risoluzione, passata con 602 voti favorevoli contro 23 contrari e 63 astensioni, dovrà essere ora approvata dal Consiglio ed entrerà in vigore da gennaio 2015.