Una borsa di studio della Commissione permette allo studioso italiano Stefano Zapperi di lavorare ad una legge universale che regola le statistiche sulla rottura dei materiali. Ciò servirà a rendere più sicuri i prodotti di uso quotidiano
Due milioni e mezzo di euro per cinque anni. Questo l’importo della “ERC Advanced Grant”, la sovvenzione che – stabilita dalla Commissione europea per ricercatori già affermati di qualunque nazionalità – Stefano Zapperi, esperto in fisica statistica e teoretica presso il Consiglio Nazionale della Ricerca di Milano ha ricevuto nel 2011 da parte del Consiglio Europeo della Ricerca per indagare la risposta dei materiali esposti ad una forza esterna.
Gli studi sulla materia e il modo in cui le cose si rompono o si deformano irreversibilmente hanno affascinato intere generazioni di scienziati e di ingegneri che da sempre si cimentano nel trovare materiali indistruttibili. Di questo si occupa lo studio condotto dal dottor Zapperi e che ha fatto un bel balzo in avanti grazie al contributo europeo. “La sovvenzione CER ci permette di fare ricerca ad altissimo livello e di collaborare con colleghi in altri paesi, come gli Stati Uniti o la Finlandia. Trovo straordinario poter fare ricerca in modo così libero, senza dover limitare il mio lavoro in base a priorità prestabilite”. Ha fatto sapere lo studioso italiano che ha così potuto assumere cinque collaboratori e acquistare un cluster di computer dedicati per fare le simulazioni, anziché usare computer tradizionali più lenti.
Le conoscenze empiriche in materia di frattura e plasticità sono, certo, già estese – ad esempio gli ingegneri sanno perfettamente come evitare che gli ascensori cadano, costruendoli molto più robusti del necessario – ma ciò che manca è una teoria esaustiva, una legge universale, insomma, che sia applicabile ad una gamma di materiali diversi, compresi metalli, vetro, cristallo e gel. È proprio su questo progetto che Zapperi lavora con il finanziamento del CER.
L’idea è quella di indagare il comportamento di un sistema (frattura e plasticità) a seconda delle sue dimensioni; il modo in cui le cose si rompono è, infatti, diverso a scale di grandezza diverse. In altre parole, spiega Zapperi “Una lastra in grafene dello spessore di un atomo, le pellicole che si usano in laboratorio oppure le strutture architettoniche, come i ponti, non si rompono allo stesso modo. Gli effetti delle dimensioni sono un fenomeno estremamente complesso e il nostro obiettivo è comprendere in che modo gli effetti collettivi, ossia i difetti atomici e le fratture nei materiali, influiscono sul loro comportamento fisico al variare delle dimensioni”.
Per intenderci, diversamente da ciò che avviene, ad esempio, per l’acqua, che bolle quando sottoposta ad una quantità di calore proporzionale al suo volume, le teorie sulla frattura e sulla plasticità non seguono questo stesso principio di proporzionalità. Non esiste, infatti, un modo per stimare il carico al quale un elemento di grandi dimensioni si romperà conoscendo il carico che causa la rottura di un elemento di dimensioni più piccole. Zapperi fa riferimento alle corde di Leonardo da Vinci esposte al Museo della Scienza di Milano: è probabile che corde più lunghe posseggano parti deboli e cedano a carichi inferiori. Ad esempio una catena si romperà nel suo anello più debole. Per farla breve, dice il ricercatore “più grande significa più debole e più piccolo significa più forte”: un assunto importante, questo, proprio oggi che si tende a produrre dispositivi di dimensioni sempre più piccole e che vede nella microelettronica un possibile campo di applicazione.
Loredana Recchia