Lo strumento finanziario che sostiene le attività degli Stati membri in questo settore copre solo fino a fine 2013. Poi si rischia il vuoto legislativo e la perdita di finanziamenti
È un’ipotesi che Elisabetta Gardini non vuole nemmeno prendere in considerazione: “No, no l’approvazione arriva di sicuro, all’alternativa non ci voglio nemmeno pensare”, ripete come un mantra. Il via libera che sta aspettando è quella del Consiglio Ue che, ormai da mesi, deve trovare una posizione comune sulla creazione di un nuovo sistema europeo di protezione civile, provvedimento per cui l’eurodeputata italiana del Pdl nella commissione Ambiente, salute e sicurezza alimentare è relatrice al Parlamento europeo. L’approvazione da parte della commissione competente risale ormai a novembre del 2012. Da allora il Consiglio non è ancora riuscito a raggiungere un accordo sul tema. “E’ un ritardo colpevole”, accusa Gardini “perché per questioni di cifre irrisorie rispetto al budget complessivo non si sta facendo tutto quello che si può fare in un settore che serve a salvare vite umane”. In effetti il dilatarsi dei tempi rischia di creare un problema non da poco. Lo strumento finanziario che sostiene le attività di Protezione civile degli Stati membri, istituito nel 2007, copre solo fino alla fine del 2013.
Poi cosa succede?
Se il meccanismo di protezione civile europea non fosse approvato entro la fine dell’anno potrebbe esserci un vuoto legislativo e questo farebbe addirittura perdere finanziamenti, perché se non c’è una legislazione in campo si perde anche il finanziamento relativo. Non credo che rischiamo questo, assolutamente no. Io sono abbastanza positiva.
Crede che si troverà un accordo in tempi rapidi?
Noi speriamo che per il prossimo consiglio competente, che dovrebbe essere a fine mese di maggio, tra il 29 e il 31, si raggiunga un compromesso. Prima di essere veramente arrabbiati gli diamo quest’ultima possibilità. Il lavoro è stato già fatto al 95% ma c’è un 5% molto importante ancora sul tavolo, che sono poi di due articoli sul finanziamento. Quando ci sarà una posizione comune si passerà al trilogo, quindi al negoziato, e io avrò l’onore di negoziare per il Parlamento. Sicuramente la nostra posizione è più ambiziosa di quella del Consiglio, che potrebbe essere un po’ riduttiva rispetto alle nostre aspettative, però al negoziato si va apposta per rialzare. Siamo pronti a dare battaglia.
Di che cifre si parla?
Nella proposta della Commissione la cifra è di 513 milioni di euro, 276 milioni per l’interno e 237 milioni per le operazioni fuori dall’Unione, ma si tratta di cifre indicative. Abbiamo fatto un emendamento, come Parlamento, dicendo: non mettiamo ancora una cifra precisa perché dobbiamo aspettare ci sia la destinazione dei soldi nella discussione di tutto il piano finanziario. Si tratta comunque di una cifra irrisoria rispetto al budget complessivo.
Perché allora tante difficoltà?
Credo non abbia aiutato il fatto che questo negoziato sia stato portato avanti di pari passo con il negoziato sul budget. Quando si negozia il quadro pluriennale diventano tutti come dei mucchietti di soldi un po’ anonimi. Io penso che fermandosi un attimo invece a considerare il contenuto di questo mucchietto di soldi, che poi sono veramente noccioline rispetto a quello che è il grande budget, ci si renderebbe conto che stiamo parlando di un piccolo budget che va a sostenere una causa molto buona, che si basa sulla solidarietà tra Stati, e che è uno di quei pochi temi in cui i cittadini chiedono più Europa.
Di questi tempi una cosa rara….
È assolutamente una cosa da non sottovalutare. Dalle rilevazioni di Eurobarometro risulta che più del 90% dei cittadini chiede più Europa in questo settore. Questa protezione civile allora può essere davvero una bandiera dell’Europa verso gli stati terzi ma anche verso i nostri cittadini.
Cosa cambierà operativamente quando entrerà in funzione il meccanismo europeo di Protezione civile?
Oggi c’è un sistema “ad hoc”, per cui quando un Paese chiede aiuto ci si attiva e si vede chi può dare cosa. Con questo cambiamento, invece, si passa ad una protezione civile nella quale i diversi Stati hanno già preimpegnato, sempre su base volontaria, mezzi, strutture, tecnologie, uomini. Così viene molto accelerata la fase di intervento.
In questi giorni avete anche inaugurato il nuovo Centro europeo di risposta alle emergenze?
Sì, credo che anche questo possa avere aiutato a sbloccare il negoziato. Si è visto davvero un buon lavoro: il centro è veramente ben fatto e si capisce che da lì si può fare un gran lavoro. La sala è fatta bene perché l’organizzazione è ben pensata. E poi è un coordinamento, non ci sono sovrapposizioni. Oggi, in un mondo così globalizzato, in cui tutti subiamo le conseguenze psicologiche, economiche e ambientali di un disastro che accade dall’altra parte del mondo è assurdo pensare che l’Europa non si doti di una capacità di risposta ad una sola voce.
Letizia Pascale
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