Si scrive il nuovo capitolo dello scandalo della carne di cavallo e la Commissione annuncia che “non è di una questione di sicurezza, ma solo di frode alimentare”. Come se così andasse bene.
Una lettura piuttosto positiva dei risultati di quei test che Bruxelles aveva commissionato il febbraio scorso, a seguito del ritrovamento di carne equina nelle “lasagne di manzo” e del conseguente ritiro di diversi prodotti alimentari dai supermercati, anche italiani.
Le analisi rivelano che non ci sono quantità pericolose di fenilbutazone, un antinfiammatorio nocivo per l’uomo, nella carne in commercio, ma, allo stesso tempo, i test mostrano che su 20 prodotti di carne di “manzo”, per la media dei Paesi Ue, 1 contiene del cavallo.
Le analisi italiane risultano positive alla presenza di carne equina, superiore all’1%, solo per il 4% dei prodotti testati. Rientriamo, così, nella media a 27, eppure, anche questa volta, siamo riusciti a creare scompiglio: comunicando alla Commissione le cifre sbagliate. Nel giorno in cui tutti i Paesi membri hanno reso noti i risultati dei test condotti negli ultimi due mesi, il nostro Ministero della salute, a causa di una svista, ha momentaneamente bloccato Bruxelles. Già in mattinata era stato comunicato un ritardo, “c’è una discrepanza e i conti non quadrano” hanno rivelato fonti Ue. In una prima nota del Ministero risultava, infatti, che su 5 prodotti, almeno 1 era contaminato da carne equina, troppi.
Già la Coldiretti aveva gridato a uno “scandalo senza precedenti”, quando è arrivata la rettifica: “nessun giallo sui dati italiani”, si legge in un comunicato del Ministero, erano 361 i controlli a campione e solo 14 sono risultati positivi, meno del 4%.
Appena sotto la media Ue, che ha visto, invece, una quantità superiore all’1% di carne equina nel 5% dei prodotti testati con circa lo 0,6% delle carcasse analizzate contaminate da fenilbutazone, l’anti-infiammatorio somministrato ai cavalli da corsa e pericoloso, se assunto in grani dosi, per la salute umana.
I test condotti sono stati in tutto oltre 7.000, un numero superiore alle stesse aspettative di Bruxelles che ne aveva commissionati a ciascun governo dai 10 ai 150, a seconda della grandezza del paese. Alcuni Stati membri hanno quindi voluto esagerare nelle precauzioni. Tra questi, come abbiamo visto, l’Italia, ma anche la Francia, con 353 test, la Spagna con 189 e, prima della classe, la Germania che ne ha fatti ben 878. Il tutto è costato agli Stati, cofinanziati da Bruxelles, circa 2,5 milioni di euro.
Ora, come ribadito anche dal Commissario per la salute Tonio Borg, non resta che “restaurare la fiducia dei consumatori europei” e la Commissione ha intenzione di farlo, anzitutto rassicurando sul fatto che la minima presenza di antinfiammatorio nei prodotti in vendita non costituisce un pericolo per la salute umana. Bruxelles, inoltre, vuole proporre agli Stati membri di mantenere nel tempo questo piano di controllo per la lotta alla frode alimentare che, seppur pensato per l’emergenza, potrebbe ancora essere utile.
Camilla Tagino